Regia di Gabriele Salvatores vedi scheda film
NEI CINEMA DAL 24 OTTOBRE 2019
VISTO SU RAI PLAY NELL’APRILE 2022
“Tutto il mio folle amore, lo soffia il cielo, lo soffia il cielo… Così”. È con l’inconfondibile voce singhiozzante di Domenico Modugno che canta Cosa sono le nuvole (singolo del 1968 scritto a quattro mani con Pier Paolo Pasolini) che dobbiamo figurarci questa frase cui Gabriele Salvatores (tornerà nei cinema quest’anno con Il ritorno di Casanova) deve essersi ispirato per tentare di riprodurre l’incondizionato amore che può esserci tra un figlio autistico e un padre che si accorge di lui dopo sedici anni di assenza. Il film, adattamento per il cinema (Contarello e Mosetti) del romanzo biografico intitolato Se ti abbraccio non aver paura di Fulvio Ervas, è appunto la storia di un legame in parte folle tra un giovane sensibilissimo e spesso incontrollabile a causa del suo disturbo neurologico e un uomo malinconico e incontrollabile a sua volta a causa dell’incapacità di superare le proprie paure e insicurezze.
Il regista che si rese immortale nel 1992 grazie al film premio Oscar, Mediterraneo, si affida per l’ennesima volta alla struttura on the road del racconto in immagini. La storia infatti è la narrazione della fuga mai eccessivamente drammatica di Willi, cantante da balera detto il Modugno della Dalmazia – interpretato da Claudio Santamaria (protagonista anche dell’apprezzato Freaks Out, 2021) che tra le altre cose canta benissimo alcuni fra i brani più celebri dell’indimenticato interprete pugliese (piacevole la colonna sonora in gran parte non originale curata da Mauro Pagani) – in compagnia del figlio adolescente e appena conosciuto Vincent – nel ruolo c’è l’esordiente Giulio Pranno chiamato a un compito davvero difficile e a mio avviso promosso se pur soprassedendo su qualche forzatura. Il cuore della trama, i cui meccanismi sono piuttosto scontati e prevedibili, è il complicato ma inesorabile avvicinamento fra i due protagonisti, che nel corso del loro peregrinare si muovono contemporaneamente l’uno verso l’altro fino a scoprire di non essere, forse, mai stati lontani per davvero.
Per gli altri ruoli di rilievo, Salvatores chiama due propri feticci: nel ruolo della mamma di Vincent c’è Valeria Golino (vista anche fra gli interpreti del drammatico francese Ritratto della giovane in fiamme, 2019), che dà vita con discreti risultati (candidata al David di Donatello) al personaggio di una donna ferita, apprensiva e sconclusionata, incapace di entrare in sintonia col figlio problematico e quindi da egli stesso respinta nel suo perdere il controllo a causa della malattia. L’immancabile Diego Abatantuono (decimo film con Salvatores e convincente nel 2018 in Un nemico che ti vuole bene) fa il marito coscenzioso e pragmatico, padre adottivo di Vincent col quale, a differenza della moglie, ha trovato un canale di comunicazione efficace, qui a mio avviso di molto al di sotto delle proprie potenzialità e a tratti addirittura apparentemente svogliato.
Classico caso in cui un’opera filmica non riesce neppure lontanamente a replicare le emozioni e il realismo di quella scritta, Tutto il mio folle amore è comunque apprezzabile per l’impegno messo da alcuni protagonisti e per la sempre gradevole atmosfera regalata dalle avventure di viaggio (la fotografia è di Italo Petriccione), su strada e nel cuore. Voto 6,7.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta