Regia di Pál Fejös vedi scheda film
Paul Fejos ci mostra la ricerca nel teatro, delle prede da ipnotizzare: con veloci zumate in avanti e indietro, con stacchi sui volti di Erik con il suo sguardo sinistro, penetrante, luciferino (marchio di fabbrica del truccatissimo Conrad Veidt), e sugli spettatori impressionati, finché non decide di ipnotizzare una nobildonna che si spaventa ...
Conrad Veidt (Il gabinetto del dottor Caligari, L'uomo che ride), è Erik un grande illusionista che gira il mondo con i suoi spettacoli. In un bel teatro di Budapest, pieno di bella gente, fa entrare in una cassa la sua bella, giovane, assistente e fidanzata Julie (Mary Philbin), della quale è molto innamorato, poi spara alla cassa che una volta aperta è chiaramente vuota. Ma Erik è anche un grande ipnotizzatore, uno dei momenti migliori del film è proprio quando il regista Paul Fejos ci mostra la ricerca nel teatro, delle prede da ipnotizzare: con veloci zumate in avanti e indietro, con stacchi sui volti di Erik con il suo sguardo sinistro, penetrante, luciferino (marchio di fabbrica del truccatissimo Conrad Veidt), e sugli spettatori impressionati, finché non decide di ipnotizzare una nobildonna che si spaventa a morte e i militari suoi vicini che sguainano le spade e combattono contro…i fantasmi. Un giovane ladro affamato Mark (Fred MacKaye), entra nell’appartamento dell’albergo dove alloggia Erik che, invece di chiamare aiuto, lascia finire al ladro la cena e addirittura lo assume come suo secondo apprendista/assistente. Julie si innamora di Mark che è bello e giovane come lei e Erik è accecato dalla gelosia. Ma anche l'altro apprendista di Erik, Buffo (Leslie Fenton) è geloso dell’ultimo arrivato, sebbene per motivi più generici…la vendetta di Erik sarà diabolica e il finale sorprende!
Erik il Grande (The Last Performance 1929) mi sembra un po’ meglio di Broadway, film che il bravo ungherese Fejos, regista antropologo giramondo - dallo stile accurato, affascinante, ingegnoso – girò poco dopo. Ci si diverte un po’ di più, ci sono momenti decisamente efficaci, il linguaggio visivo - come al solito - è di grande effetto ma non è uno dei suoi migliori film come i più delicati Primo amore (Lonesome 1928) e Maria leggenda ungherese (Tavaszi zapor 1933).
Gli Illusionisti Americani protestarono per la rivelazione di alcuni dei trucchi da loro gelosamente custoditi.
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