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Broadway

Regia di Pál Fejös vedi scheda film

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La recensione su Broadway

di marco bi
7 stelle

Ma che tecnica magistrale! Sofisticate (soprattutto per l’epoca…il cinema esisteva da pochi anni!), ma anche delicate, riprese eseguite con elaborati piani sequenza, panoramiche, carrellate ecc. rendono il linguaggio visivo di grande effetto. Per avere in campo tutto l’enorme set ‘cubista’ Fejos fece costruire una speciale gru...

locandina

Broadway (1929): locandina

 

Broadway è un film del 1929 diretto dall’ ungherese Pál Fejös (Budapest 1897 – New York 1963), tratto dall’omonimo musical di successo di George Abbott e Philip Dunning.

 

Inizia con una panoramica dall’alto sui grattaceli di Times Square dove appare uno strano gigante (dorato?), che fa attenzione a non calpestare le minuscole persone che si trovano nella famosa piazza ma poi le annaffia col bicchiere e la bottiglia che tiene nelle mani...significa qualcosa? Boh. Titoli.

 

Evelyn Brent

Broadway (1929): Evelyn Brent

 

Facciamo la conoscenza di alcuni dei tanti uomini e donne che lavorano o, per motivi vari, frequentano il night club e music hall ‘il Paradise’, luogo di aggregazione e microcosmo di vita e malavita. Ci sono le ballerine e i cantanti, con i loro sogni di gloria e le loro storie d’amore, che rischiano continuamente il licenziamento da parte del losco e viscido proprietario, contrabbandieri di liquori, poliziotti … capirete che la storia è di poco interesse e qualche discreto numero musicale e il finale a colori (siamo nel 1929) non sollevano di molto il film costato più di un milione di dollari di allora. Inoltre, per esser solo il secondo film interamente parlato della Universal, è veramente troppo, troppo parlato. Lo stile sensibile, realistico, quasi antropologico (l’antropologia sarà la professione futura di Pál Fejös uno dei pochi bravi registi allontanatosi dal mondo dello spettacolo per dedicarsi completamente ad altro), che ha fatto la fortuna di Primo amore (Lonesome 1928, uno dei film più importanti del nostro regista), qui è un po’ sprecato, quasi in contrasto con la storia che invece non sa bene che direzione prendere…insomma fu un fallimento annunciato.

 

Ma che tecnica magistrale! Sofisticate (soprattutto per l’epoca…il cinema esisteva da pochi anni!), ma anche delicate, riprese eseguite con elaborati piani sequenza, panoramiche, carrellate ecc. rendono il linguaggio visivo di grande effetto. Per avere in campo tutto l’enorme set ‘cubista’ del locale notturno con l’orchestra, le ballerine, i clienti, e per rendere il tutto più movimentato e fluido, Paul Fejos (corresse un po’ il suo nome arrivato in America) progettò e fece costruire una enorme gru di 15 metri di altezza con la piattaforma che ruota su se stessa (chiamata ‘gru Broadway’ e pagata 50.000 dollari) e un enorme teatro di posa dove poter fare entrare tutto. Al primo uso percettibile di questa gru restiamo a bocca aperta: la cinepresa è dentro il Paradise, ce lo mostra normalmente poi parte in salita e noi vediamo diventare piccoli i fruitori ai tavolini, l’orchestra, le ballerine e vediamo il night club, arredato in stile cubista, in ogni particolare. Il secondo uso ci mostra le donne delle pulizie che all’alba lavano in ginocchio il pavimento, in più, alla fine della salita fatta dalla gru, la cinepresa ruota su se stessa di 360° e così il locale per noi spettatori non ha più segreti. Ma sembra di stare su una giostra…credo che questa invenzione non ebbe seguito, non certo come il dolly che dagli anni cinquanta è ancora usato in quasi tutti i film.

 

scena

Broadway (1929): scena

 

Paul Fejos è poco conosciuto da noi ma ha diretto decine di film anche di una certa valenza: Erick il grande (The Last Performance 1929 con Conrad Veidt), Fantômas (1932), Tempesta sul Balaton (Itel a Balaton 1932), Maria leggenda ungherese (Tavaszi zapor 1933), Viva la vita (Sonnenstrahl 1933). Amava il cinema fin da ragazzo ma si laureò in medicina. Dalla scenografia passò alla regia e nel 1920 diresse i suoi primi film ungheresi. Dopo qualche anno passato in cerca di fortuna in svariate capitali europee, sbarcò in America dove la laurea gli tornò utile e venne assunto come tecnico di laboratorio al Rockefeller Institute for Medical Research ma, attratto da Hollywood, non resistette molto e partì. Erano gli anni in cui tanti europei sfondavano ad Hollywood che con loro si arricchiva, vedi Hitchcock, Chaplin, von Stroheim, Lubitsch, Murnau, Curtiz, Garbo, Dietrich, Chevalier, Boyer, Olivier ecc. Dopo aver vagabondato un po’, facendo i salti mortali trovò i soldi per il suo primo film americano The Last Moment (1928), col quale si fece conoscere da chi contava per il suo stile accurato, affascinante, ingegnoso (la mancanza di fondi aguzza l’ingegno) ma dopo una manciata di film americani, incomprensioni con le Major lo portarono di nuovo in giro in tante città europee dove continuò a dirigere film, poi passò ai documentari scientifici frutto di spedizioni di ricerca antropologica, da lui guidate, che lo resero un antropologo di fama.

 

scena

Broadway (1929): scena

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