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Benedetta

Regia di Paul Verhoeven vedi scheda film

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La recensione su Benedetta

di Antisistema
8 stelle

Liquidato frettolosamente dalla critica a Cannes nel 2021, che tranne sporadici casi, ha sempre trattato malamente il cineasta olandese - spesso non a torto -, Verhoeven continua la sua rifioritura artistica cominciata con il buon Black Book (2006) e proseguita con l’eccellente Elle (2016), approdando all'ultima fatica; Benedetta (2023), giunta nel nostro paese dopo due anni di ritardo rispetto al resto del mondo, sia a causa degli alti costi dei distributori esteri, sia in tutta probabilità, per la forte requisitoria contro la religione, non ben vista in un paese fortemente cattolico come l'Italia.
Accostarsi a Benedetta, impone il saper tollerare le provocazioni delle sue immagini, capaci di mescolare continuamente sacro e corporeo, la cui antinomia è solo apparente, in quanto entrambi coesistenti sin da subito, tramite la cacca di piccione assunta a segno miracoloso della vergine Maria, in grado di far recedere i banditi dal proposito di rapinare dei loro averi i genitori di Benedetta Carlini (Virginie Efira), poco prima di portare la loro piccola figlia in convento.
Fortuna della casualità? Verhoeven, ateo dichiarato, ha mostrato spesso un gran interesse per la religione e la sua capacità di influenzare la psicologia sociale - si segnala in proposito un buon libro scritto dal regista sulla figura di Gesù -, sfruttando una storia del XVII accaduta in Italia a Pescia (Toscana), per costruire una sua personale lettura degli avvenimenti, innestandovi le tematiche a lui care in merito al sesso, disinibizione, nudità, potere e violenza.
Ingredienti difficili, specie poi se sfruttati in un mediocre sensazionalismo di grana grossa, come nella sua fase americana, di cui si ricordano gli scadenti risultati artistici di pellicole come Basic Instinct (1992) e Showgirls (1995). Ritornato in Europa, la componente provocatoria, s'è fatta molto più sagace e duttile, facendo guadagnare profondità tematica ai suoi film.
Verhoeven sbatte in faccia allo spettatore, ciò di cui non vuole sentire parlare, né tantomeno vedere, svelando senza remore lo squallore celato dietro l'ipocrisia del mondo.
Si assiste all'ingresso in convento ridotto a mero mercimonio di denaro, un'anziana badessa (Charlotte Rampling) dedita ad una gestione prettamente terrena scevra da ogni ascetica spiritualità, passando per i prelati dediti solo agli affari e per nulla al proprio ministero ecclesiastico e finendo con il trionfo dei bisogni del corpo innanzi ad ogni liturgia religiosa.

Certo, Verhoeven è sempre lui, quindi in molti potrebbero storcere il naso innanzi all'eccesso dato dalle visioni di un Gesù munito di spada, nell’atto di tagliare le teste a coloro che allontanano la propria “sposa” Benedetta dal cammino della rettitudine.

Nell’effetto kitsch, si vede un regista capace tramite una provocazione grossolana, di mostrare la realtà su cui per gran parte dei secoli s’è basata la fede; un emblema di potere (di cui la spada ne è simbolo),  in grado di penetrare nella psiche delle persone,  imponendo cos’è il peccato e cosa no, indicando invece quale sia la via della santità.

 

Virginie Efira, Daphne Patakia

Benedetta (2021): Virginie Efira, Daphne Patakia


Le visioni di Cristo, risultano intrise di un’aura fortemente erotica, capace di mandare in uno stato di estasi fisica Benedetta, che sull’inconscia sensualità e non sul dolore, ha costruito la propria fede sin dal momento in cui appoggiò le proprie labbra sul seno della statua della vergine Maria.
Un transfert sessuale a lungo celato nelle profondità del subconscio. La liberazione dirompente, si deve ad un elemento profano esterno; la novizia Bartolomea (Daphné Patakia), con la quale si abbandona ai piaceri del sesso lesbico, aprendosi a quel che sente come amore.
Vivere liberamente la propria sessualità, incuranti della (non) sacralità del luogo. La fotografia di Jean Lapoire, costruisce un’illuminazione tramite l'uso di candele, intrisa di una rusticità carnale, dove gli sporadici violenti tocchi di colori, come il rosso o il viola, donano una forza soft-porn ad una pellicola, dove il sesso apre nuove vie del godimento mentre il dolore dato dall’amore di Cristo tramite le stimmate, conduce ad un’inaspettata santità.
Che secondo Verhoeven ciò conduca di conseguenza anche verso il potere, non deve essere visto in modo negativo, dato il ruolo della donna all’epoca.
Le ferite sono veri "miracoli", oppure risultano autoinflitte tramite l’ausilio di schegge vetrificate?

La ricerca di Verhoeven non mira a delle risposte, quanto ad analizzare la messa in scena susseguente all’accaduto "divino", grazie al quale Benedetta, in virtù del proprio rapporto privilegiato con il Messia, scala dapprima la gerarchia ecclesiastica, divenendo la nuova badessa, poi quella sociale, imponendo una sorta personale governo teocratico nella città di Pescia, ed infine quella individuale, attraverso il rapporto sessuale praticato con Bartolomea, una ragazza di umili origini e di stato sociale inferiore al suo.
L’apparato sessuale è sempre presente nel film. Oltre al subconscio di Benedetta di cui si è parlato in precedenza, Verhoeven ad ottant’anni, non si tira indietro, dal mostrare scene esplicite di nudità frontale senza alcuna censura o pudore.
Il corpo molto tonico della quarantacinquenne Virginie Efira, si esibisce in tutta la potenza erotica repressa, negli amplessi sessuali con la più giovane partner Daphnè Patakia, trastullandosi con una statuetta della Madonna, la cui parte inferiore è stata trasformata in ditalino, fondendo così religione e sesso in un’unica cosa.
Tale oggetto diventa, la pietra su cui Benedetta edifica la chiesa. Un’idea di fede, in grado di mettere assieme, una spiritualità meno oppressiva, con la liberazione del corpo, che in quanto dono di Dio, non deve essere percepito come una prigione di carne da lacerare e castigare, a suon di frustrate, alla ricerca di un’improbabile ascesi espiativa.

Verhoeven costruisce un racconto intriso di un forte potere femminile, sfruttando la carica sensazionalistica del proprio cinema, compenetrandosi in Benedetta atteaverso l'invettiva finale per mezzo di Gesù, innanzi alla pubblica piazza, con fare irriverente e caustico.

Dopotutto, anche se fosse stata tutta una messa in scena, Benedetta ha solo accettato le regole del gioco, raggiungendo traguardi preclusi, pur partendo nettamente sfavortita nelle dinamiche dell'epoca, vistasi messe in discussione da un potere femmineo.

 

Virginie Efira

Benedetta (2021): Virginie Efira

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