Regia di Sam Curtain vedi scheda film
Rape & ravenge australiano con picchi di vivace azione on the road. Tra adrenalinici inseguimenti d'auto e thrilling ben congeniato, Blood hunt scorre velocemente, per poi arrivare al capolinea con un efficace (e sospirato) effetto catartico.
La giovane coppia composta da Claire (Kahli Williams) e Dean (Dean Kirkright) si trova nell'outback australiano, per passare un week end nel mezzo della natura. Poco prima di arrivare all'hotel, Claire subisce, mentre è sola in macchina, l'aggressione verbale di un benzinaio. È solo l'inizio di un incubo, perché, dopo essere rimasta a piedi con l'auto, la coppia si trova braccata dal molesto individuo, accompagnato da altri due selvaggi delinquenti.
L'Australia, si sa, cinematograficamente parlando non promette soste sicure per gli occasionali turisti: da Mick Taylor a Charlie, la certezza di finire nelle mire di brutali assassini è pressoché scontata. E se i passanti sventurati non si imbattono in volgari e laidi meccanici o contadini dal coltello facile, a fare massacri ci pensa qualche cinghiale, magari troppo cresciuto. E così, come ulteriore tassello di un territorio infernale, anche Sam Curtain scrive e dirige il suo thriller selvaggio, sorta di Cane di paglia adrenalico e sfociante in una serie di pirotecnici inseguimenti d'auto che ricordano -inevitabilmente- anche un altro esordio, ovvero il Duel di Steven Spielberg. Ne esce questo interessante Blood hunt, rape & ravenge sintetico (70 minuti) con un finale che, in controtendenza rispetto alla media, finalmente ha un effetto catartico per quanto in favore di un riscatto implacabile. Curtain non si perde in lungaggini inutili e gestisce con ottimi risultati tempi e logiche di ripresa.
Il protagonista principale, Dean Kirkright, è un bravo interprete, dalla già nutrita filmografia di genere (lo si ricorda ad esempio in Lemon tree passage e Charlie's farm). Anche l'azione viene messa in atto con grande competenza, grazie a stuntmen davvero eccellenti, che danno il meglio nelle concitate scene di inseguimento d'auto ad alta velocità. A rendere intrigante la visione, inoltre, contribuiscono le sterminate location della Tasmania, con enormi spazi all'aperto e distese di campi infiniti a contorno di strade asfaltate abbandonate da Dio e dagli uomini. In conclusione si tratta della solita storia che, già magnificamente girata da John Boorman in Un tranquillo week end di paura (1972), è stata riproposta centinaia di volte, più o meno bene. Ma proprio a causa di questo vuoto narrativo e per un budget evidentemente modesto (quasi nullo si direbbe) il risultato finale -tutt'altro che disprezzabile- di Blood hunt lascia intravedere, nell'operato di Curtain, la mano di un regista dalle grosse potenzialità.
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