Regia di Fausto Brizzi vedi scheda film
Un magnate del vino (Ruffini, anche autore del soggetto) che risiede nella suite di un albergo a cinque stelle e passa le serate con le mignotte (pardon: le escort, come si usa dire con imperdonabile classismo) lascia il suo preziosissimo cellulare nei gabinetti pubblici dell'aeroporto di Fiumicino. Se ne impossessano due addetti alle pulizie (Petrolo e Abbrescia) che sono stati appena vituperati dall'uomo: i due lo useranno per vendicarsi e per spassarsela un po', mentre il Tycoon è in volo per Sidney.
Dopo essere uscito non si sa come dalle vicende giudiziarie che lo hanno coinvolto per molestie sessuali sul lavoro, Fausto Brizzi - non contento di avere infangato la memoria di Vittorio De Sica con Poveri ma ricchi e Poveri ma ricchissimi - riesce a fare di peggio con un film di grana grossissima, nel quale abbondano i riferimenti alla sua vicenda personale. Non mancano infatti le didascalie che avvertono lo spettatore che non bisogna mai fidarsi delle apparenze, che ciò che conta veramente nella vita sono gli amici di cui ti puoi fidare e che in fondo se pure hai i conti alle Isole Cayman puoi cavartela con una pacca sulle spalle. Non bastasse il vuoto assoluto dei contenuti, la forma corrobora l'insipienza del film: alcuni attori (Ruffini e Placido in testa) sono inguardabili e la trama scontatissima aggiunge melassa quando si imbarca nel racconto del rapporto tra padre e figlio.
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