Regia di Arturo Ripstein vedi scheda film
VENEZIA 75 - CLASSICI RESTAURI
Tutto bene in quel "luogo senza confini"... almeno fino al giorno in cui il greve camionista Pancho fa ritorno per quelle strade polverose e desolate, attraversate col suo fiammante nuovo camioncino rosso, comprato a credito, con cui egli organizza consegne in quei paesi sperduti di una terra ai margini della civiltà.
Dopo aver salutato il proprietario della locanda di zona, che è pure suo cognato, l'uomo passa a trovare la Japonesita, nel bordello in cui la ragazza lavora, gestito dal padre omosessuale, un travestito che si fa chiamare Manuela.
L'uomo finisce per cedere al fare seduttivo di quest'ultima che, indossato un vistoso vestito rosso fiammante, lo seduce anche più della giovane e bella figlia.
Poi pentito di non essersi riuscito a controllare, pieno di ira per le allusioni ammiccanti di "madre" e figlia, l'uomo diventa violento, soprattutto nei confronti di Manuela, che finirà per inseguire col suo camion, fino a massacrarla di botte.
Cronaca di un sacrificio annunciato, il film di Arturo Ripstein fece molto scalpore a fine anni '70, quando tentò con difficoltà di farsi spazio tra le distribuzioni nei pochi paesi in cui fu proiettato, tanto da divenire un film culto contro l'intolleranza e la violenza a danno dei "non omologati" che scelgono di non mascherare subdolamente la propria condizione.
Un film dalle cadenze teatrali che risplende per le sue meravigliose scelte cromatiche, che virano al rosso acceso: il colore della passione, quel sentimento incontrollato che rende l'uomo un toro nell'arena, salvo poi rinnegare il fatto quando la gente attorno sospetta e commenta il suo operato.
Un film forte, con personaggi spesso sgradevoli, o anche al limite del caricaturale, come quello centrale di Manuela, che tuttavia rivendica un proprio legittimo orgoglio personale e diviene martire della sua scelta di vita, immolandosi quasi eroicamente.
Ecco allora che El lugar sin lìmites diviene una pellicola di culto del cinema queer militante, forte di una denuncia vigorosa che non arretra dinanzi allo sdegno di una vigliaccheria che si annida in coloro che si credono forti solo perché dotati di una possanza fisica che non li rispecchia nella vigliaccheria del proprio carattere.
Una pellicola affidata ad un regista eterosessuale di grande sensibilità, che si dimostra in grado, forse proprio per questa sua caratteristica, di riuscire a rappresentare il fenomeno odioso dell'intransigenza e discriminazione, partendo dai luoghi comuni della caratterizzazione della figura omosessuale, ma riuscendo a conferirgli una dignità ed un onore genuini e schietti che rifuggono ogni precostituita figura-marionetta scontata e maliziosamente colorata per puro ludibrio malizioso.
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