Regia di Wim Wenders vedi scheda film
E venne l'angelo della morte, e aveva lo sguardo occhialuto di Wenders. "Non sono venuto per parlare di morte", ripete. Ma la cinepresa capta impietosa la devastazione fisica di Ray. Nick si presta al gioco, recita consenziente quel poco di vita che resta. Le tecniche di straniamento ovviano all'accusa di sciacallaggio, ma l'esito è inquietante.
E venne l'angelo della morte, e aveva lo sguardo occhialuto di Wenders. "Non sono venuto per parlare di morte", ripete lui. Ma la cinepresa capta impietosa la devastazione fisica di Nick Ray. Nick si presta al gioco, recita consenziente quel poco di vita che ancora gli resta, l'approssimarsi alla fine. C'è indubbia ammirazione per il grande cineasta, ma - al di là di qualche superficiale riferimento - non è la sua eredità artistica che qui interessa Wenders. L'obiettivo è un altro, e neanche tanto dissimulato. L'utilizzo sapiente delle tecniche di straniamento (Nick tossisce disperato, poi dopo qualche minuto chiede a Wenders se la sua recitazione sia stata credibile) impedisce ogni facile accusa di sciacallaggio, sennonché l'esito rimane inquietante. Verrà la morte, e avrà gli occhi di Ray.
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