Regia di George Lincoln (Riccardo Freda) vedi scheda film
La morte non conta i dollari è la dimostrazione concreta del fatto che nel 1967 era economicamente conveniente produrre uno spaghetti western: poca spesa, molta - o quantomeno sufficiente - resa. Altrimenti sarebbe difficile immaginare le ragioni che possono aver spinto Riccardo Freda, ormai sessantenne, prossimo alla pensione e solitamente dedito ad altri generi, ad accettare di scrivere (insieme a Luigi Masini) e dirigere questa pellicola. Una pellicola che non aggiunge nulla al già fin troppo nutrito filone, che non può competere a livello di budget con i campioni del genere (Leone, Corbucci) e che pure per inventiva non brilla, non porta alcuna novità al classico canovaccio pistolero - torto subito - vendetta/massacro - lieto fine: nè tantomeno parrebbe intenzionata a farlo. Il protagonista è l'americano Mark Damon, che già da qualche tempo bazzicava lo spaghetti western, non una star ma attore sufficientemente dotato; al suo fianco compaiono fra gli altri Luciana Gilli, Alan Collins (all'anagrafe Luciano Pigozzi, un altro che dal western nostrano ha avuto discrete soddisfazioni), Pamela Tudor e l'immancabile Nello Pazzafini, come sempre nelle vesti del cattivone di turno. Si dice che Freda - che qui assume lo pseudonimo una tantum di George Lincoln) - rimase molto deluso dai tagli alle scene più violente imposti dalla produzione; il regista d'altronde proveniva dall'horror e, a tratti, la cosa si denota anche nella versione 'ripulita' a noi giunta. 3/10.
Far west. Il pistolero Lawrence White ritorna in paese alla morte del padre. Il ragazzo non sembra avere intenzione di vendicarlo, ma con l'astuzia fa in modo di trovare i suoi assassini.
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