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Festa per il compleanno del caro amico Harold

Regia di William Friedkin vedi scheda film

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La recensione su Festa per il compleanno del caro amico Harold

di cheftony
8 stelle

Mi ha chiamato quel mio compagno di stanza all'università.”

Chi? Alan...come si chiama?”

McCarthy, è arrivato da Washington, per affari, credo. E ora sta per venire qui.”

Be', speriamo che sappia cantare 'Buon compleanno!'...”

Senti, chiappe d'oro, cosa dovevo fare? Lui è a posto. Non è dei nostri. Senza contare che è un tipo tutto d'un pezzo e di buona famiglia.”

Figurati chi se ne frega!”

[...] Chissà cosa dirà di questo carosello di checche che ho invitato qui a cena.”

 

Michael (Kenneth Nelson), ex-alcolizzato e osservante cattolico newyorkese poco sopra la trentina, organizza nel suo appartamento una festicciola di compleanno per l'amico Harold (Leonard Frey), sarcastico e cinico dandy. Organizzatore, festeggiato e invitati sono un gruppo di amici tutti omosessuali: gli avventori sono l'effeminato Emory (Cliff Gorman), l'introverso e tendente alla depressione Donald (Frederick Combs), l'afroamericano Bernard (Reuben Greene) e la coppia formata dal professore divorziato Hank (Laurence Luckinbill) e dal geloso ma infedele Larry (Keith Prentice).

Quando ancora manca il ritardatario festeggiato Harold, il gruppo trascorre il pre-serata con la consueta giovialità, all'insegna di battute, vezzi ironici e balletti.

L'imprevisto è rappresentato da Alan (Peter White), vecchio compagno universitario di Michael piombato quasi senza preavviso nell'abitazione dell'amico, solo dopo un'amara ed enigmatica telefonata in preda ad un'inconfessata disperazione; sposato con due bambine, unico eterosessuale in un gruppo di gay, inconsapevole dei gusti sessuali di Michael e poco incline alla tolleranza verso l'atteggiamento causticamente queer di Emory, Alan rompe gli equilibri della serata e la serenità nell'appartamento di Michael.

All'arrivo, finalmente, di Harold, se possibile, l'atmosfera peggiora ulteriormente e la festa diventa un'arena al chiuso, dove i contendenti feriscono e periscono con frecciatine, ritorsioni, scheletri nell'armadio sputtanati, (pre)giudizi e umiliazioni.

Sparisce l'amicizia, quel valore che li faceva sentire tutti insieme schermati da un guscio, appartenenti ad una timida comunità, uniti da reciproca comprensione. E gli omosessuali si ritrovano soli, depauperati, depressi, in una notte che volge alla pioggia...

 

Sei un ometto triste e patetico. Sei un omosessuale, anche se non vorresti esserlo. Ma niente può cambiare il tuo destino, mh? Né le preghiere che rivolgi al tuo Dio, né tutte le terapie che potrai pagarti nel corso degli anni che ti restano da vivere. Non è affatto escluso che un giorno tu raggiunga una vita eterosessuale...se ti ci metti disperatamente. E solo poi davvero con un fervore capace di distruggerti. Ma resterai comunque per sempre un omosessuale. Per sempre, Michael. Per sempre. Fino al giorno della tua morte.”

 

Festa per il compleanno del caro amico Harold” è innanzitutto un film da contestualizzare: fedelmente tratto dall'opera teatrale scritta da Mart Crowley e portata in scena nel 1968, la trasposizione cinematografica del giovane William Friedkin di due anni più tardi è il primo film hollywoodiano a trattare in maniera così esplicita e centralizzata il tema dell'omosessualità e lo fa in un periodo “caldo” per il movimento LGBT, che proprio in quegli anni stava riuscendo negli Stati Uniti a plasmarsi e a far valere i propri diritti dopo secoli di persecuzioni in tutto il mondo, con manifestazioni e proteste culminate nei moti di Stonewall del '69.

 

Circoscrivere “Festa per il compleanno del caro amico Harold” al rango di film di omosessuali e per omosessuali è riduttivo e poco lungimirante: negli sviluppi non si può fare a meno di notare come il deprecabile muro eretto dalla società fra il mondo reputato “normale” e quello “deviato” non possa esser valicato da coloro che ancora rifiutano di valicare l'ostacolo che hanno costruito in se stessi, nel rifiuto della loro condizione, nella vergogna, nella conflittualità delle loro idee e dei loro preconcetti, nell'ipocrisia dell'aggregazione e della standardizzazione. Emerge dal film che sono costoro, in senso lato, a soffrire e a sopportare un senso di isolamento, non l'individuo o la coppia omosessuale di per sé.

 

L'analisi del film sul piano puramente tecnico si può affrontare in breve e spendendo quasi solo elogi: ambientato pressoché del tutto al chiuso per ovvi motivi, solo a brevi tratti il film paga la staticità dell'impostazione teatrale, con Friedkin che si approfitta degli sporadici episodi movimentati per mettere in mostra la sua bravura registica con qualche trovata “cinetica” niente male. Il registro evolve con cura dal simpatico ritratto, a volte macchiettistico (ma non stereotipato) e quindi incline alla commedia, al dramma. Gli attori, tutti poco noti, sono gli stessi dell'opera teatrale; molto bravi e partecipativi, riescono a dipingere personaggi ben caratterizzati dalla sceneggiatura di Crowley grazie a dialoghi pregnanti e mai banali e a ritagliarsi un ruolo ben definito nel gruppo; ben cinque di loro (Nelson, Frey, Combs, Prentice e La Tourneaux) erano gay e la loro carriera non fu aiutata dal film, che ebbe scarsi incassi e sollevò un vespaio di polemiche anche da parte della comunità LGBT. I cinque sono tutti morti per complicazioni dovute all'AIDS fra la fine degli '80 e i primi '90. Un altro problema che solo più tardi ci si è trovati a dover affrontare.

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