Regia di William Friedkin vedi scheda film
In un appartamento di New York un gruppo di gay sta preparando i festeggiamenti per il comune amico Harold: gli hanno persino “affittato” per la notte un ragazzotto ruspante stile Jon Voight di Un uomo da marciapiede (che infatti viene citato). All’improvviso si presenta inaspettatamente Alan, un ex compagno di college del padrone di casa, tormentato da problemi non meglio precisati: lì dentro, in quella specie di tribù isolata e retta da regole proprie, il diverso è lui. Per ultimo arriva Harold, prodigo di cinismo e sarcasmo, e il gioco al massacro può iniziare: il culmine si tocca con la gara in cui ognuno deve telefonare alla persona che ha amato di più nella sua vita (1 punto se si compone il numero, 2 punti se risponde la persona cercata, 2 punti se ci si qualifica col proprio nome, 5 punti se si dice “ti amo”) e saltano fuori storie di tanti anni prima, dolorose ma forse non sempre vere. È un film che colpisce anche oggi, figuriamoci nel 1970: estremamente coraggioso per il suo linguaggio esplicito, ma al tempo stesso ancora legato a certi stereotipi sugli omosessuali; per usare un paradosso, i dialoghi sembrano scritti dal fratello più intelligente di Povia. L’origine teatrale si sente, ma non disturba affatto: l’ambientazione tutta in interni (tranne i titoli di testa) serve ad accrescere la tensione. L’ambiguità su Alan, opportunamente, non viene sciolta neanche alla fine.
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