La storia di vita (breve) dell'attivista stravagante e foriero di scandali e anche scrittore Mario Mieli, diviene un biopic diretto dal regista Andrea Adriatico, che ripercorre la fase di presa di coscienza del giovane Mieli ancora in epoca scolare, ma già in grado di mettere in discussione una sessualità imposta che lo faceva già da adolescente sentire prigioniero di una imposizione incongrua e forzata.
Figlio incompreso ed anzi temuto di una famiglia della ricca borghesia di imprenditori della seta di origine ebraica, Mario cresce in un ambiente ovattato dall'opulenza, ma soffocato dalla necessità di attenersi ad una etichetta e ad una omologazione che al ragazzo non sono mai andati a genio, scontrandosi con la sua naturale esuberanza, tanto temuta sia dai genitori (qui ben resi da due bravi professionisti del calibro di Antonio Catania e Sandra Ceccarelli), che dal fratello maggiore (Lorenzo Balducci).
Un viaggio camuffato con motivi di studio nella Londra dell'attivismo lgbt, non farà che maturare nel giovane Mieli la consapevolezza di farsi promotore, anche nell'Italia retrograda e soffocata dal pregiudizio, di un movimento che potesse finalmente aiutare a creare anche da noi quella consapevolezza per gli omosessuali ed i "diversi", di non considerarsi più dei malati fisici o mentali, dei fenomeni da bandire dalla vita sociale, bensì, al contrario, persone perfettamente omologabili in una società matura e consapevole, sensibili, fieri e coscienti della propria natura, in grado di andar finalmente orgogliosi del loro sentirsi vivi, e della possibilità di non omologarsi a scelte autoimposte o dettate da una morale viziata ed inopportuna.
Accolto dai salotti dell'intellighenzia più progressista, da personaggi illuminati al mecenatismo come Fernanda Pivano, fino ad incrociare artisti altamente rappresentativi della fiera rivendicazione omosessuale come il cantante Ivan Cattaneo, Mario va incontro ad un destino tragico dopo che la sua breve esistenza viene compromessa da una malattia psichica che i rapporti contrastanti e contraddittori , oltre che spesso combattuti con i due genitori, hanno senz'altro aiutato a far degenerare in qualcosa di letale.
Al punto da rendere possibile il gesto con cui, ad appena trent'anni, il giovane riuscì a procurarsi un suicidio, amareggiato in particolare dalla ostilità tenace con cui il padre affrontò, con tutti i mezzi, il boicottaggio della prevista pubblicazione del proprio romanzo autobiografico, miracolosamente recuperato ed uscito postumo.
I sentimenti per costruire un film accorato e fiero di un paladino tra i più preziosi ed utili, oltre che originali e colmi di un afflato totalizzante per la causa volta al riconoscimento, anche nel nostro paese schivo e conservatore, dei diritti della comunità lgbt, appaiono tutti in questo film volenteroso e quindi a suo modo prezioso, che tuttavia si fa sin troppo condizionare dalla necessità di dare spettacolo ed apparire come una macchietta.
Pur non conoscendo personalmente nei particolari le caratteristiche peculiari di una personalità senz'altro trasgressiva ed anticipatrice, come è stata quella di Mieli, coraggioso ed intransigente anticipatore dei tempi, avverto come la sensazione che il film diventi già dai primi minuti troppo succube della trascinante verve a cui ci sottopone, con una performance decisamente sopra le righe, il volenteroso giovane attore protagonista, Nicola Di Benedetto, espressivamente assai estroverso, ma anche tanto a rischio di macchietta nel definire i passaggi caratteriali di una persona certamente più profonda e padrona di un proprio legittimo e sacrosanto convincimento, da perdersi così strenuamente ed indissolubilmente in scenette da sit-comedy "en travesti", francamente sin troppo puerile, soprattutto se ostentata con così marcata insistenza. Peccato.
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