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L'altro inferno

Regia di Bruno Mattei vedi scheda film

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La recensione su L'altro inferno

di zombi
5 stelle

il peccato è negli occhi di chi giudica, e l'inferno di certo dimora in un convento di suore nel cinema bis dell'italia degli anni settanta che furono. che voto dare... tra il mezzo voto e il 5

strane morti di suore in un convento, talmente strane, che viene nominato un prete per indagare; si teme il demonio.

altri tempi, altri mondi, altro mercato, bruno mattei con lo pseudonimo di stefan oblowski, che richiama l'est e fa un tantino intellò, si cimenta in un riciclaggio massimo di qualcosa che è venuto prima, coi soldi di cui dispone.

tra l'infinito girovagare di volta in volta di diversi personaggi per corridoi alla ricerca spasmodica del minutaggio necessario, assistiamo al vero delirio del film, ossia la recitazione di tutti, nessuno escluso.

mattei è ben consapevole dei propri mezzi, e cerca di ovviare con dello splatter, mediante squartamenti post-mortem, e l'esposizione di frattaglie non ben identificate, tra cui fantomatiche ovaie.

la confusione della scrittura  dovrebbe convincere chi guarda nell'esistenza di un trauma sepolto nel passato, e causa di tutte quelle morti, ipocritamente addebitate al demonio che appare nelle vesti scure di un teschio con due luci rosse al posto degli occhi.

l'altro inferno richiama di certo argento e alcuni dei suoi immortali capolavori, facendo l'occhiolino all 'esorcistico, con una lunga scena ricopiata dal film di friedkin, e vorrebbe rimandare invece all'inferno vissuto dal personaggio e dal suo trauma, che l'ha portato ad impazzire completamente.

il cast è delle grandi occasioni, per quel genere di produzioni, a cominciare da franca stoppi, brava protagonista di buio omega di massacesi, originaria della provincia di piacenza(a due passi da casa mia) qui talmente senza freni che non ci si da pace.

carlo de mejo(figlio di alida valli) interpreta padre valerio, che non crede nel demonio, ma crede invece nella mano terrena di qualche pazza; al solito assorto in primi piani perplessi, come se avesse mattei dietro la telecamera che invece che dargli direzione su come interpretare il personaggio, gli sciorinasse numeri in rima come in un film di fellini. il suo urlo alla fine, quando giace azzoppato, è talmente insensato che rasenta il capolavoro surrealista.

frank garfeeld, che qui si doppia da solo, interpreta un tutto fare, unico uomo oltre ai preti libero di girare per il convento e dedito all'allevamento di cani, sembra perennemente euforico.

paola montenero nei panni di una suora che opera un'autopsia su di una consorella deceduta, ad occhi spalancati e bocca tirata.

finiscono il cast, susan forget, andrea aureli e alba maiolini, questi ultimi con una carriera che parte dagli anni 60.

il film non ha ritmo, non ha continuità, e non fa paura. lo splatter è quello dei saldi di fine serata e il sangue sembra più pitturato che versato.

derivativo, ma stanco ed infinitamente estenuante, ma nonostante tutto, è un guilty pleasure che diverte per tutti i suoi difetti, che ovviamente diventano pregi.

è impossibile non rimanere estasiati dalla paresi facciale di paola montenero, pensando a mattei che gli diceva "di più, di più".

o dalle pose austere di stoppi, e al suo lento, ma non lentissimo ,cedere alla pazzia da metodo stanislawskij scritto sull'angolo dello scontrino "devi fare così e poi così".

oppure alle moche di garofalo come in uno spettacolo teatrale d'avanguardia ma fuori contesto.

e infine, allo spaesamento del prete di de mejo, perplessità cronica, con urlo finale che suona come un capolavoro... "bravo carlo, buona la prima"

 

 

 

 

 

 

 

 

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