Regia di Niki Caro vedi scheda film
Dopo averne rimandato l’uscita al cinema causa pandemia, La Disney ha alfine deciso di distribuire direttamente in streaming su Disney Plus, in Italia al prezzo maggiorato (rispetto all’abbonamento) di € 21,99, il remake (ma il termine in realtà gli sta stretto) in live action di Mulan, pellicola in animazione del 1998 di Tony Bancroft & Barry Cook e ispirato a un racconto della tradizione cinese molto popolare in patria.
La regia di questo nuovo adattamento viene affidata alla regista neozelandese Niki Caro insieme a un cast di tutto rispetto, prevalentemente cinese, che comprende oltre alla giovane protagonista Liu Yifei anche Tzi Ma, Gong Li, Jason Scott Lee e i grandi Donnie Yen e Jet Li, seppur in dei ruoli minori.
La storia, che è poi quella tradizionale della leggenda cinese, è di una giovane ragazza di un piccolo villaggio che, per evitare che il padre, ormai anziano e malato, venga richiamato a combattere per l’Imperatore, prende di nascosto il suo posto fingendo di esserne il figlio maschio e contribuendo, anche dopo essere stata scoperta, alla vittoria della Cina sugli invasori, venendo infine riconosciuta per suo valore anche dai vertici militari e dallo stesso Imperatore.
E se lo spunto di partenza, traendo entrambi origine dallo stesso mito, è medesimo all’originale animato a cui si ispira, in netta discontinuità con quanto fatto precedentemente con La Bella & La Bestia o Il Re Leone il film della Caro si differenzia notevolmente dal suo predecessore puntando invece su un maggiore realismo, rinunciando a elementi da commedia ed eliminando quindi le canzoni come anche diversi personaggi troppo da cartoon (pur conservandone comunque i toni da fiaba) nel tentativo di creare qualcosa di diverso, per cui questa volta la forma e l’estetica vira visibilmente verso il wuxia cinese cercando di farne sue alcune delle maggiori caratteristiche visive e narrative (dall’uso dei colori alla genesi dei costumi, da certe inquadrature alle coreografie tipiche del genere fino alla presenza stessa delle sue icone come Jet Li e Donnie Yen) ma senza mai riuscire davvero a evocarne l’epica e/o la cura storico filosofica proprie del suo modello di riferimento, in una deferenza artistica e culturale che rende ancora più evidente la mancanza nella pellicola di una sua vera identità.
Inoltre la protagonista nel film animato era semplicemente una ragazza normale che durante il suo percorso di maturazione e di apprendimento finiva per mostrare doti e capacità che le permettevano di risolvere le varie situazioni ma più con l’ingegno e usando la propria intelligenza che non con la forza mentre in questa pellicola fin dall’inizio, ancora bambina, Mulan mostra invece abilità fuori dall’ordinario che la elevano rispetto a qualsiasi altra ragazza (o ragazzo), in un percorso di crescita che viene, di fatto, annullato da un espediente narrativo che non ci permette di provare empatia per la protagonista, già “predestinata” di suo non si sa bene per quale motivo.
Fin da subito Mulan è quindi migliore e più forte del resto dei soldati, comandanti compresi, e l’attenzione dall’evasione femminista dalle gabbie convenzionali imposte da una società dalle prevaricazioni maschili si sposta invece sulla menzogna e sui doveri verso la famiglia che ne compromettono il riconoscimento da parte di altri di capacità però non solo già acquisite ma anche innaturali.
Appena accennato invece l’elemento romantico, ben più importante nel film d’animazione, probabilmente in quanto la retorica moderna è più propensa a suggerire che l’emancipazione femminile è veramente tale solo se completamente indipendente dall’uomo anche (soprattutto?) a livello sentimentale, ergendosi quindi ad ennesimo emblema del femminismo più contemporaneo.
La stessa attrice chiamata a interpretare la protagonista, Liu Yifei, risulta piuttosto anonima e ben poco espressiva, rendendo ulteriormente problematico l’empatia del pubblico con il suo personaggio ma anche il resto del cast risulta piuttosto anonimo, a partire dal cattivo Bori Khan interpretato da un monocorde Jason Scott Lee mentre anche gli stessi Jet Li e Donnie Yen non eccellono particolarmente, anche per i propri ruoli piuttosto sacrificati, mentre il personaggio migliore, anche se abbastanza stereotipato e non sempre approfondito a dovere, alla fine risulta essere proprio la strega di Gong Li.
Mulan riesce quindi a essere un film mediocre che aggiunge poco o nulla rispetto all’originale, limitandosi a sviluppare o a correggere qualche snodo secondario, anche con una certa pigrizia, ma risultando addirittura un passo indietro dal punto di vista ideologico, specchiandosi maldestramente nel dibattito più attuale nell’ambito del #MeToo con anche troppa pedanteria.
Inoltre nonostante un budget mostruoso (circa 200 milioni di dollari) il film vanta scenografie anonime, valorizzate esclusivamente dagli splendidi scenari naturali, ed effetti speciali di scarsa qualità in un coacervo di mediocrità generale che rende piuttosto complicato comprendere cosa e quanto sia andato veramente storto e quali siano effettivamente i responsabili da imputare per una tale pressapochismo.
VOTO: 5
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