Regia di Werner Herzog, André Singer vedi scheda film
In una lunga e approfondita intervista il regista tedesco Werner Herzog ricostruisce la storia politica di Michail Gorbaciov, l’ultimo leader dell’Unione Sovietica.
Probabilmente a molte persone al di sotto dei quarant’anni, nel 2018 in cui esce questo documentario, sfugge l’importanza della figura di Michail Gorbaciov, il suo peso politico all’interno del ventesimo secolo. E questo non solo per il precipitare degli eventi seguito alla sua uscita di scena politica, ma anche perché da parte della stessa Russia è stata a tutti gli effetti attuata una precisa rimozione dell’ingombrante personaggio, pur essendo egli ancora in vita, alla soglia dei novant’anni, un quarto di secolo dopo aver abbandonato la politica attiva. Eccellente dunque il lavoro di Herzog, sempre puntuale nelle sue ricostruzioni storiche e sociali, che incontra Gorbaciov in una lunga e approfondita intervista per parlare di Russia, di Europa, di America, di guerra, di progresso, di giochi di potere, ma anche della vita personale dell’ex leader sovietico e dei suoi affetti, primo fra tutti quello per l’amata moglie Raissa, scomparsa nel 1999. C’è concretezza e c’è poesia (il film si chiude con una lirica di Lermontov, recitata dallo stesso Gorbaciov), c’è durezza – inevitabilmente nei confronti di Eltsin, per esempio – e c’è dolcezza, nel racconto degli ideali di gioventù; è un film equilibrato e ben dosato nei temi e nei dettagli, che ci riconsegna il Gorbaciov statista ormai dimenticato nell’immaginario collettivo, che ha saputo fare mosse determinanti su questioni fondamentali come il disarmo nucleare e la fine della guerra fredda e che qui viene raccontato e si racconta come una persona vera, viva, lucida e appassionata. 7,5/10.
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