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Fahrenheit 11/9

Regia di Michael Moore vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Fahrenheit 11/9

di alan smithee
6 stelle

13° FESTA DEL CINEMA DI ROMA - SELEZIONE UFFICIALE

"Come ca..o è potuto accadere?" Si chiede, senza inutili mezzi termini, la voce narrante dello stesso Moore nel momento cruciale e più significativo della sua ultima sarcastica fatica che vede, per ironia della sorte, creare quasi un connubio ribaltato tra quel tremendo 11/9 del 2001 - giorno dell'attacco alle Torri Gemelle, con il 9/11 del 2016, data di elezione di Donald Trump a 45° Presidente Usa tra le file, peraltro dissestatissime, dei Repubblicani, dopo il biennio democratico di Obama.

Ed è interessante e sotto sotto morbosamente divertente (se non sconcertante), ripercorrere le tappe di una vittoria annunciata a favore della prima presidente donna Hillary Clinton, data per vincitrice in ogni sondaggio o previsione, battuta invece con una certa disinvoltura, da un losco personaggio inviso al suo stesso partito, prima che agli avversari e a buona parte del mondo.

E' successo, e Moore tenta di spiegarcene le ragioni, documenta il suo sconcerto per il comportamento dei Democratici nell'aver sottostimato il pericolo incombente; e non mancando, nemmeno stavolta, di fornirci un ritratto al vetriolo, pungente e sarcastico, su un'America che si proclama da sempre paladina delle libertà, e mai come in questi suoi ultimi decenni si è sempre dimostrata fautrice di ingiustizie e disparità di trattamento, dai tempi del deprecabile fenomeno sempre troppo sottostimato della schiavitù, alla costruzione dell'attuale muro contenitivo sul confine col Messico.

Purtroppo poi Moore usa questo suo acuto spunto per parlarci di molte altre cose, spostando la denuncia su argomentazioni altrettanto valide ed inquietanti come il rapporto stretto tra potere politico ed economico e le sorti di un'ambiente circostante sempre più lasciato a se stesso ai danni della popolazione impotente e succube; argomentazioni scottanti che spaziano sul tema irresistibile ed irrinunciabile del senso smisurato del potere e della avidità che prende campo inesorabilmente su tutti coloro che si trovano a sedere sul trono del governo. 

Moore, con la lucidità e l'ironia di fondo che gli riconosciamo intatta e pungente come nelle sue migliori inchieste, chiama a rapporto e distrugge anche prese di posizione effettivamente controverse dei "suoi stessi democratici" e di Obama in prima persona (e ci intrattiene con la sporca vicenda delle falde acquifere contaminate scientemente presso il bacino di Flint in Michigan e date in utilizzo alle masse per soddisfare l'avidità di chi ha in mano lo scettro del potere; o con l'assurda storia occorsa in West Virginia con l'imposizione di un braccialetto con sensore ai docenti che intendessero usufruire del'assistenza sanitaria, multando coloro che), ma finisce per assemblare troppa materia in un unico documentario di denuncia che avrebbe certamente meritato di concentrarsi su meno argomentazioni, per cogliere più nel segno.

Insomma distruggere per distruggere è un po' un'azione fine a se stessa, che oltrepassa la lecita critica ed autocritica, necessaria e fondamentale per sbaragliare soprusi e vergogne ormai latenti e degenerate.

Moore attacca tutti e tutto, spesso con valide, ben suffragate motivazioni, ma rischia spesso di sparare a tappeto sulla folla, di esaltare le dinamiche di uno scaldalo, ma di non saper individuare al meglio una soluzione plausibile, se tutto diviene sempre e solo un complotto ordito da chi sta al potere, o dai relativi avversari, inesorabilmente a danno di una massa vittima designata di soprusi ed angherie senza fine.

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