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Fahrenheit 11/9

Regia di Michael Moore vedi scheda film

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La recensione su Fahrenheit 11/9

di Antisistema
3 stelle

E vai con la nuova opera del nostro mangia hamburger; il casinaro Michael Moore, che dopo aver subito una batosta come tutti i sostenitori Democratici nel 2016 ad opera di Donald Trump, decide di farci sopra un documentario per distruggerne la figura e sin dal titolo Fahrenheit 11/9, il regista cerca chiaramente un aggancio con la sua opera più famosa, remunerativa e premiata da un incompetente Tarantino con la Palma d'oro a Cannes nel 2004 (toglendola a Ghost in the Shell 2 : Innocence di Mamoru Oshii, il miglio film d'animazione della storia del cinema); stiamo parlando di Fahrenheit 9/11, con cui Moore attaccava l'amministrazione Bush (che a mio avviso si smerda da sola, ma vabbè...). A distanza di 14 anni, il regista sarà migliorato come cineasta? Manco per idea e le motivazioni sono presto esposte. Moore le cui idee politiche Democratiche sono ben note, per rendere i suoi documentari fruibili dal più vasto pubblico possibile, non solo punta l'analisi su persone o temi di grande attualità, ma grazie ad un montaggio incanzante, esposizione semplice e alla sua voce fuori campo colma di ironia e di prese in giro verso i suoi bersagli, suscita il sorriso nello spettatore che premia così con larghi incassi le sue opere.

 

Michael Moore

Fahrenheit 11/9 (2018): Michael Moore

 

Prima dell'analisi del documentario, bisogna chiarire cosa esso si prefiga. La macchina da presa nasce come strumento per filmare la realtà delle cose e non crearla o alterarla, poi successivamente tale invenzione venne sfruttata come nuova forma d'intrattenimento per la borghesia bisognosa di nuove novità. Quindi il documentario nasce con il cinema si può dire; il primo genere che la settima arte abbia partorito poiché capace tramite l'ausilio della sola immagine, di mostrare la realtà sociale per quella che è.

Purtroppo invece Moore imbastardisce il documentario, per via del fatto che egli non punta a mostrare, ma a di-mostrare, e combinando ciò con la sua onnipresente voce fuori campo che commenta e guida l'interpretazione delle immagini, alla fine otteniamo della becera propaganda politica che svilisce il cinema e che và aspramente combattuta. I "documentari" di Moore sono una forma di fascismo audiovisivo fastidioso, poiché lo spettatore non può farsi una sua idea personale su ciò che viene mostrato (in questo caso di-mostrato), ma è guidato e plagiato dalla voce fuoricampo alienante del regista che ci dice l'interpretazione dei fatti (la sua e basta). Moore non ha capito che se vuole di-mostrare le cose, deve usare il mezzo del film, dove colleghi molto più capaci e cattivi di lui come il grande Oliver Stone, ci offrono il loro parziale punto di vista poiché in questo caso la macchina da presa punta esplicitamente a di-mostrare e non a mostrare; quindi c'è un errore terminologico grossolano nel definire come documentari la becera e pericolosa propaganda di Michael Moore.

 

Michael Moore

Fahrenheit 11/9 (2018): Michael Moore

 

Dopo questa premessa, non c'è molto da dire sulle 2 ore di Fahrenheit 11/9, che alla fine nel voler fare parallelismi sin dal titolo con il suo predecessore, non fa' altro che rivelarsi una sua mera costola, priva di qualunque interessa. I tempi cambiano, così l'ironia e le battute divertenti contro Bush (che per lo meno rendevano divertente la prima parte dell'opera), sono abbandonate a favore di un tono più serio e cupo, il problema è che la narrazione e le modalità di analisi da parte di Moore non sono cambiate per niente. Indagando sulla vittoria di Trump, il quale ha trionfato grazie ad uno stile gergale, irruento e di certo ben lontano dal politichese, il cineasta prende ad esempio il caso del governatore del Mitchigan; Snyder, mostrando come quest'ultimo per contraccabiare dei favori fatti dalle varie lobby in campagna elettorale, costruisce un secondo inutile acquedotto per rifornire la città di Flint con acqua contaminata allo scopo di sterminare gli abitanti di colore (WTF!!!). Teoria alquanto fantasiosa a mio parere, basandomi su ciò che viene mostrato (con non pochi dubbi di manipolazione da parte del regista), il governatore Snyder in questo caso è stato autore di uno scambio di favori che ha motivazioni prettamente economiche e basta. Moore nel suo fanatismo democratico, vuole grossolanamente collegare l'impunità di questo governatore, con il fatto che Trump abbia distrutto ogni decenza morale in campagna elettorale e poi come presidente, poiché ispiratasi a Snyder nei modi sfacciati di fare. Sinceramente mi sembra un collegamento forzoso e privo di ogni prova empirica, poiché Moore con questa sottotrama di Flint ha usato quasi 1/3 della durata della pellicola con una divagazione troppo ampia sal focus principale. Qua si palesa un problema abbastanza irritante nei documentari di Moore; il regista parla per tesi che non hanno scaturigini o fonti; come per esempio quando sviscera una serie di percentuali prive di provenienza certificata per dimostrare che gli americani sono inconsciamente "sinistra". Và detto che negli USA, Repubblicani e Democratici non sono destra e sinistra come li intendiamo noi, ma è uno scontro tra destra conservatrice e una destra più liberale, anche perché l'unico dei due schieramenti dichiaratasi apertamente socialista, è stato Bernie Sanders, che per questo è stato fatto fuori dell'establishment del partito Democratico e l'elite di Hollywood (tranne il grande Viggo Mortensen) l'ha sempre temuto preferendo farsi belli con Hillary Clinton (vadasi i vari attori ed attrici come Winfrey, Hanks, Di Caprio, Streep o De Niro l'hanno sostenuta, in spregio alla sofferenza della povera gente... i primi quattro sono quelle che sono purtroppo, ma De Niro che in Taxi Driver era il cantore dei disagiati di coloro posti ai margini della società è morto ultra borghese dimenticandosi delle proprie origini). Come può un partito come quello Democratico essere sostenuto dai ricconi senza vergogna di Hollywood che nulla sanno della sofferenza della gente della fasce sociali più deboli? Semplice, basta spostarsi sempre più vicino ai Repubblicani come dice Moore nell'unica sezione interessante di questa pellicola. Se destra e sinistra non hanno differenze, alla fine si genera sfiducia e la gente non và a votare (oltre 100 milioni di non votanti alle elezioni presidenziali del 2016).

Da dove ripartire? Dal basso e dalla gente che vive sul territorio, peccato che tali interviste sono inficiate dall'ingobrante presenza fisica del regista che avrebbe potuto una volta tanto eclissarsi per dare totalmente spazio alle voci degli altri, come è solito fare Wang Bing nelle sue pellicole di vera resistenza e specialmente nel suo capolavoro assoluto Il Distretto di Tiexi (2003), un documentario che mostra autenticamente lo schifo ed i risultati desolanti del capitalismo.

Trump è toccato molto marginalmente purtroppo dall'opera di Moore, poiché una domanda la cui risposta sarebbe stata interessante conoscere, è perché Trump è stato votato da 63 milioni di persone? Moore non risponde perché per lui la controparte non ha dignità di esistere e quindi non ha voce.

 

Michael Moore

Fahrenheit 11/9 (2018): Michael Moore

 

Provo io allora a dare una risposta; leggendo un'intervista di Clint Eastwood, egli ha detto di aver votato Trump perché stufo del conformismo sociale dettato dal politicamente corretto. In effetti su molti temi civili, molta gente di orientamento più conservatore viene zittita dal progressismo mainstream, il quale impone che si deve essere pro-accoglienza, che essere arrabbiati per la propria condizione economica disagevole è invidia sociale, che si è ignoranti se non si è laureati, solo i competenti devono parlare, la globalizzazione è un bene, la Russia è cattiva e così via. Se ad una persona impedisci di poter dire la propria opinione non conforme al sistema, questa si sente esclusa e poi nel segreto dell'urna ti vota contro. In effetti sono stato contento che Meryl Streep e soci (che insieme alla Clinton hanno offeso nel modo più becero possibile gli elettori di Trump) stiano rosicando come maiali da un paio di anni, perché è stato bello vedere questa massa di presuntuosi sul piedistallo cadere fragorosamente sulla terra, è vero non mi entra nulla in tasca, ma che bello vederli soffrire. Trump ha dato una voce a chi non l'aveva e un'illusione tangibile di cambiamento grazie alla sua dialettica schietta, diretta e apertamente in contrasto contro ogni buon senso morale come ad esempio con frasi del tipo "Se Hilary è stata in grado di soddisfare il marito, come può pensare di soddisfare l'America?"; hanno fatto presa sull'elettorato del maschio bianco eterosessuale che viene sempre più demonizzato ogni giorno (vedere il cinema blockbuster che con la scusa dell'inclusivita', inserisce in modo poco sentito gay, afro-americani, asiatici e donne, spesso inutili ai fini della narrazione escludendo la maggioranza del paese). Trump è il fluire della vita che non si cristallizza in una forma, mentre Clinton è stata percepita come una persona falsa nel modo di porsi, favorevole ad una politica muscolare contro Putin (che avrebbe portato alla fine del mondo) e  burocrate dell'establishment che pretendeva di vincere solo perché Trump era il peggio. Vincere sperando che gli altri siano peggio di te, porta prima o poi alla sconfitta, come puntualmente è avvenuta il 9 Novembre del 2016. Etichettare Trump ed i suoi elettori come fascisti tout court, sarebbe un errore grossolano, ma è tipico della sinistra etichettare come fascista ciò che non si comprende o non si vuole capire (vedasi anche da noi il PD che dopo la sconfitta epica del 4 marzo 2018 non ha ancora fatto uno straccio di autoanalisi della batosta).

Mi interessava sfruttare la pellicola di Michael Moore per fare un'analisi sul mondo d'oggi e a differenza di tale regista, io offro solo spunti, ogni lettore è libero di farsi l'idea che vuole.

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