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Fahrenheit 11/9

Regia di Michael Moore vedi scheda film

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Gangs 87

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La recensione su Fahrenheit 11/9

di Gangs 87
8 stelle

La storia si ripete. E’ questa la prima chiave di lettura dell’ultima opera di Michael Moore. L’irriverente regista americano che scompone la politica elettorale di Trump, scoprendo ogni arcano.

 

Laddove tutto sembra collegato, ogni evento non è mai fine a se stesso; lo notiamo già dal titolo di apertura, dove l’assonanza tra la data dell’11/09 (di cui Moore aveva già parlato in un'altra sua pellicola ben nota, che destò il giusto scalpore) e quella del 09/11 (data della vittoria elettorale di Donald Trump) si invertono in uno scambio di cifre, ed è subito chiaro che quella che è in effetti solo una coincidenza, finisca per essere quasi uno scherzo del destino che a volte si diverte a combinare gli eventi.

 

Il viaggio di Moore parte dalle origini, dalla nascita di quella che sembra l’idea di un folle che all’improvviso si rende conto che, ciò che pensa, in realtà possa essere davvero realizzato. Per scoprire poi che, in realtà, quell’idea che sembra così improvvisa è qualcosa di premeditato e studiato fin nei minimi particolari e, per convincerci di ciò, incastra alla perfezione tutti i pezzi del puzzle.

 

Analizza l’uomo prima del personaggio. Ci mostra come il suo modo di pensare e di agire, sia talmente radicato in lui da consentirgli la possibilità di agire alla luce del sole, senza che gli sfiori minimamente l’idea che ciò che dice o fa possa quantomeno essere contestato. Come se, la convinzione di essere nel giusto gli garantisse l’immunità per ogni eventuale atto illegale perpetrato.

 

Accosta la politica di Trump al nazismo di Hitler. Portando a dimostrazione della sua teoria associazioni tra le due “prese di potere” che, analizzate, sono così simili da far rabbrividire. Concentrando l’attenzione sul popolo che consapevole, sembra posseduto da quell’incredulità paralizzante che impedisce ogni azione e annulla ogni ragionevole pensiero.

 

Racconta come si sia trasformata la politica americana negli anni, con un occhio di riguardo verso la decadenza di quella democrazia, tanto devota alla Costituzione, che diventa lo strumento più potente nelle mani di Trump, utilizzabile per portare a compimento ciò che sembrava improbabile e che invece era, a quanto pare, l’unica soluzione possibile: la sua vittoria in pompa magna.

 

Riesce a dare voce a chi è vittima costante di quella politica dell’odio, che l’americano medio si sente libero di esprimere perché concesso e perpetrato da colui che dovrebbe essere il conservatore dei diritti umani e della parità, dal colui che dopotutto diventa il reale responsabile delle sue azioni, quel presidente eletto che non è di tutti ma solo di se stesso.

 

Moore da vita ad un atto di denuncia che vuole essere un monito a cambiare le cose. Ci mostra il dietro le quinte dimostrandoci che proprio quando pensavi che “non potesse accadere” in realtà è già tempo di capire cosa accadrà.

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