Regia di Wi Ding Ho vedi scheda film
Cities of Last Things è una co-produzione transatlantica del 2018 scritta, diretta ed in parte prodotta dal malese Ho Wi Ding.
L'opera è visibile sul catalogo di Netflix Italia.
Sinossi: La storia verte esclusivamente sulla vita di Zheng Dong, un uomo criptico dal passato burrascoso che proverà in tutti i modi a chiudere dei conti in sospeso ma lo porteranno solamente a superare la soglia della ragione facendolo sprofondare nel baratro della follia…
Cities of Last Things è un film che presenta fin dalle prime immagini una struttura ed una messa in scena assai ricercata ed insolita gestita con eleganza ed arguzia dal regista malese Ho Wi Ding, esperto in co-produzioni multiple e pan-asiatiche (l’opera è co-prodotta fra Cina, Taiwan, Francia e Stati Uniti) il quale strizza l’occhio ad una serie di autori asiatici e non; primi fra tutti Wong Kar-wai, Derek Yee (i suoi noir cupi) fino ad arrivare a Andrew Niccol o Ridley Scott però riesce a mantenere sempre un certo distacco ed una propria visione personale.
Il regista si focalizza esclusivamente sulla vita di un uomo comune dal passato nefasto ed il tutto è rappresentato attraverso una time-line narrativa invertita e destrutturata andando a toccare diverse fasi della sua vita.
Si parte “nel futuro” trovandoci nel 2049 in una Taipei futurista ma estremamente tetra e claustrofobica dove tutto e tutti sono controllati costantemente da una tecnologia oppressiva ed invadente; ciò che salta subito all’occhio dello spettatore è una rappresentazione si sci-fi abbastanza dettagliata, vero e proprio scenario cyberpunk tuttavia è allo stesso tempo incredibilmente realista nel senso che gli avanzamenti tecnologici proposti nel film non sono così lontani dalla nostra realtà dai microchip sottopelle (in Cina se ne sta discutendo da parecchio) ai dispositivi elettronici finalizzati alla realtà aumentata.
Al di là di questo sguardo preoccupato verso una deriva tecnologia non sempre finalizzata al bene del cittadino, Ho Wi Ding ci parla anche di svariate problematiche che attanagliano molte società asiatiche e non solo.
La più evidente è la critica verso alcune istituzioni come le forze dell’ordine, altamente corrotte e poco propense alla sicurezza del proprio popolo abituate ormai ad abusare della loro posizione.
Una rappresentazione negativa della polizia è un abituè di molto cinema asiatico, detto questo ciò che sorprende di più è la rivelazione di altri problemi sociali attuali e non sempre noti al pubblico occidentale.
Il primo, solamente accennato nel segmento inziale, merita attenzione e riguarda l’assistenza verso anziani; questione molto discussa dall’opinione pubblica taiwanese e sono stati diversi i provvedimenti presi dal governo locale ma quando giungeva il momento di stanziare i fondi necessari per l’attuazione si tiravano sempre indietro e questo aspetto viene chiaramente ribadito nel film (mi riferisco al ruolo del primo ministro).
In riferimento all’assistenza verso gli anziani il regista espone anche la tipica pietà filiale cinese; fino a qualche anno fa a Taiwan sotto lo stesso tetto potevamo convivere la bellezza di tre generazione però i tempi cambiano ed i giovani sono sempre meno disposti a prendersi cura dei genitori, i quali patiscono questo distacco in passato inammissibile.
Sempre nel primo episodio l’autore mette in mostra un altro grattacapo e concerne la prostituzione minorile (pensiamo alla Thailandia) tante volte “autorizzata” dalle forze dell’ordine, le quali non hanno problemi a chiudere un occhio basta ricevere una giusta motivazione (le classiche mazzette).
Infine la preoccupazione sulla quale il regista si sofferma maggiormente è il fenomeno della chirurgia estetica (la moglie del protagonista vuole a tutti i costi iniettarsi un pericoloso siero di ringiovanimento) che ormai sta invadendo le case di milioni di asiatici.
I numeri parlano chiaro, in Cina ad esempio nel 2018 [articolo di Andrea Scandaliato presente su Cin in Italia n. 173] 22 milioni di persone si sono sottoposte ad un intervento di chirurgia estetica e la cosa su cui riflettere riguarda la clientela, ossia giovani al di sotto dei 28 anni; in una società dove l’apparenza è ormai sinonimo di successo, il ritocchino estetico è obbligatorio e molte volte viene proposto dai genitori stessi i quali intravedono così migliori opportunità lavorative per i figli oppure viene visto come gradevole regalo di laurea (l’intervento della “doppia palpebra” è il regalo maggiormente richiesto dalle giovani laureate cinesi). Interessanti ed inquietanti le considerazioni Naomi Wu, nota youtuber ed influencer nel campo dell’High : «I nostri corpo sono come qualsiasi altro dispositivo. Se possiamo aggiornare questi, se possiamo migliorarli perché non possiamo fare lo stesso con i nostri corpi?».
Chiuso il vasto compendio tematico, volendo potevamo ancora soffermarci sulla famiglia disfunzionale o sulla tragica piega del femminicidio, impossibile non spendere due parole sulla regia di Ho Wi Ding di assoluto livello in grado di regalare allo spettatore frangenti alquanto tesi ed avvincenti.
Oltre ad un azzeccato utilizzo della macchina a mano, soggettive dai finestrini o semi-soggettive atte a seguire il protagonista verso uno oblio senza fine si segnalano attimi davvero poetici o incredibilmente suggestivi ed evocativi comeconfermato dall’incredibile incipit: lenta carrellata all’indietro il cui movimento serve ad inquadrare in toto un imponente palazzone bianco spersonalizzante e poco dopo in modo improvviso l’inquadratura è invasa da un uomo che si è gettato da una finestra schiantandosi al suolo.
Agghiacciante anche il primo piano su di una donna esanime e senza vita sul cui volto scende, con lentezza, una lacrima amara di dolore.
Film sorprendete sotto diversi punti di vista.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta