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The Wind

Regia di Emma Tammi vedi scheda film

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La recensione su The Wind

di mck
6 stelle

“La tua mente è in cerca di preoccupazioni.” (O: le preoccupazioni sono in cerca di una mente.)

 

 

C’è un morbo psichico che, compromettendo l’esame della realtà, castrando le intuizioni e disinnescando l’elaborazione logica, si sta propagando per la prateria da qualche parte in New Mexico sul finire del XIX secolo, e a diffonderlo sono i pretastri.

Una coppia vive in quelle terre aspre e amare allevando capre (White Phillip!) e galline facendo scorte in attesa dell’inverno imminente.

Il vento, che per millenni ha viaggiato libero e selvaggio per le grandi pianure accarezzando l’erba e stormendo rade fronde di alberi immiseriti ora si trova di fronte abitazioni erette dagli esseri umani contro le quali va a sbattere, ed è un po’ contrariato della cosa. Ma è solo vento, e quindi gli tocca abbozzare.

I nuovi vicini di casa - a circa un chilometro di distanza: un filo di fumo il giorno, un fioco lume la notte - della coppia protagonista hanno tesaurizzato la loro eredità riempiendo un baule di libri atti ad allestire, giunti alla meta alla fine del viaggio, una biblioteca famigliare di stampo ridondantemente gotico: “Frankenstein, il Prometeo Moderno” di Mary Wollstonecraft Godwin Shelley, “i Misteri di Udolpho” di Ann Radcliffe e altri di cui si vedono i colori delle coste e dei dorsi, ma non se ne legge il contenuto.

 

“La tua mente è in cerca di preoccupazioni.” (O: le preoccupazioni sono in cerca di una mente.)

 

 

Emma Tammi, al suo debutto nel lungometraggio di finzione, si attesta attorno a quell’idea di cinema depresso/deprimente e ri(s)cattatorio (angeli martoriati, con e/o senza vendetta) che vede altri due autori agli esordi quali Jennifer Kent (“Babadook” e “the Nightingale”) e Ari Aster (“Hereditary” e “Midsommar”) - con il Robert Eggers di “the Vvitch” a fare da contraltare felicemente liberatorio (dato che già con "the LightHouse" e chissà col prossimo "the NorthMan" ha da subito intrapreso strade altre e un po' più complesse, stratificate ed eterogenee) - a compiere la triangolazione.

Qualsiasi accenno di “paragone” col capolavoro di Victor Sjöström del 1928 è tanto ovvio [qui il New Mexico, là il Mojave californiano, qui una follia religiosa instillata in due menti - femminili, mentre i maschi sono parimenti o deboli o incapaci di comprendere la situazione e reagire adeguatamente, coi pochi mezzi a disposizione, ad essa: decidere di (non) abbandonare l’impresa colonizzatrice (un’azione ch’è, però, un’impresa di uguale portata) in vece che scegliere la scorciatoia del legare il “problema” al letto - rese sì più fragili dalle intemperie, ma tarlate soprattutto dal veleno mistico, là, semplicemente, la Natura: il Vento, poi protagonista del cine-poema testamentario di un altro pioniere del cinema, al tempo novantenne, Joris Ivens] quanto irricevibile.

Buon cast, nel quale spicca la protagonista, Caitlin Gerard, e a seguire: Julia Goldani Telles, Ashley Zukerman, Dylan McTee e Miles Anderson, l’untore, il circoventore, il propalatore di baggianate.
Sceneggiatura: Teresa Sutherland. Fotografia: Lyn Moncrief. Montaggio: Alexandra Amick. Musiche: Ben Lovett. Prodotto e distribuito rispettivamente dalle benemerite Divide/Conquer ("Lucky") e IFC Films ("Queen of Earth").

 

 

* * * (¼)  

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