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In Fabric

Regia di Peter Strickland vedi scheda film

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La recensione su In Fabric

di Furetto60
7 stelle

Insolito e intrigante horror/black comedy. Di difficile catalogazione, è un interessante esperimento cinematografico,

Sheila, è una cassiera di banca di mezza età, da poco divorziata, vive con il figlio adolescente Vince. Rimbrottata per ridicole inadempienze dai suoi dirigenti, viene sistematicamente intimidita dalla fidanzata di Vince, Gwen. Cerca la sua anima gemella tramite patetiche inserzioni. In occasione di una svendita, visita i grandi magazzini Dentley and Soper’s, tampinata dalla commessa Miss Luckmoore, che sciorina erudite, ma farneticanti valutazioni, su di un bellissimo vestito rosso; Sheila si fa persuadere e lo compra, da qui in poi una serie di sventure, per cui si convince che il vestito è “maledetto”, tenta di restituirlo ma non ci riesce, muore in un incidente d'auto.

L'abito entra in possesso del riparatore di lavatrici Reg, durante la sua notte di addio al celibato . La sua fidanzata Babs lo indossa per fare acquisti da Dentley and Soper's, entra nel camerino proprio mentre sta scoppiando una lite tra i clienti, che degenera rapidamente in rissa e conseguente sanguinario saccheggio; nel frattempo l'abito prende fuoco e le fiamme si diffondono rapidamente nel negozio; Babs brucia a morte nel suo camerino, mentre Luckmoore fugge nel montavivande con un manichino smembrato 

Nel frattempo Reg ,licenziato da un silenzioso ma rigoroso “padrone” per cause irrisorie, resta in casa e ipnotizzato dall’ossessiva e ammaliante pubblicità televisiva del grande magazzino, muore per avvelenamento di monossido di carbonio, fuoriuscito dalla sua caldaia difettosa.

Sembrerebbe una ghost story, o la storia di un oggetto maledetto, forse posseduto da un fantasma, un vestito rosso che porta sfortuna a chi lo acquista e soprattutto a chi lo indossa; tuttavia ha una sceneggiatura da black comedy, con una  messa in scena dal tono vintage. Sheila, protagonista del primo segmento del film, si muove sempre più spaesata in una realtà artificiosa e inquietante. La sua banale normalità è messa a dura prova dall’ assurdità del contesto, scatenando l’effetto paradossale, supportato da dialoghi stranianti. Così l’aspetto soprannaturale è diretta conseguenza dell’orrore del nostro vivere: spauracchi della nostra realtà: una banca con dirigenti tiranni e ottusi, a caccia del “pelo nell’uovo” che prima blandiscono e poi bacchettano i propri subordinati e un negozio di abiti femminili in saldo, preso d’assalto da persone simili a zombie, che hanno perso il senso critico e si fanno manipolare da pubblicità o commessi invadenti, satira non solo del consumismo, ma del potere, sia quello economico, che quello che plagia le nostre menti con l’imposizione di determinati modelli estetici. Necessario per apprezzare l’ottima pellicola, porre attenzione ai dettagli, sia per cogliere i numerosi richiami al cinema di genere, ma anche per riconoscere gli obiettivi verso cui Strickland lancia i suoi strali. Il regista  crea un’opera surreale di difficile catalogazione, di rara eleganza estetica, girata con abilità e perizia, ricca di  inquadrature suggestive, assolutamente fuori dagli schemi; comincia con uno stile  psichedelico anni '70, per poi passare a suggestioni Argentiane, vedi  le commesse-streghe che praticano riti "satanici" sui manichini, attraversando bizzarre incursioni nel grottesco, come i colloqui con i capi della banca, o la nenia del riparatore di lavatrici, sviluppando infine perturbanti atmosfere lynchiane e  culminando in una sorta di delirio allucinogeno. Chiaro che non è il solito convenzionale horror, ma un audace esperimento cinematografico. Da vedere

 

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