Regia di Amir Naderi vedi scheda film
Il protagonista Amiro, un ragazzino forse decenne, ha lo stesso nome del regista e ne è l’immagine, forse idealizzata. L’ambiente, in Iran sulle rivedel golfo persico, è molto povero ma onesto; Amiro sogna di partire, con una nave o un aereo o un treno, e raccoglie immagini dalle riviste straniere (in edicola si vede esposto Oggi e poi l’Espresso). Vive dapprima raccogliendo fra immensi depositi di immondizie tutto ciò che può avere un minimo valore e le porta a un uomo che raccoglie e rivende; un amico lo invita a venire a raccogliere le bottiglie scaricate a mare dalle navi; il primo giorno ha scontri con gli altri raccoglitori, ma presto fa amicizia con loro. Visto il pericolo dei pescicani (e un uomo che ha perso la gamba) cambia e va a vendere acqua. Insegue un uomo in bicicletta che dopo aver bevuto non ha pagato; dopo un lunghissimo inseguimento lo raggiunge, lo fa cadere dalla bici e gli chiede il pagamento… l’uomo lo paga e lui lo guarda soddisfatto. Un’altra volta insegue uno che gli ha rubato un pezzo di ghiaccio (che gli serve per raffreddare l’acqua che vende), lo raggiunge, si riprende il ghiaccio ma poi deve a sua volta fuggire mentre l’altro lo insegue. La spunta lui, ma alla fine il ghiaccio è quasi totalmente fuso. Poi fa il lustrascarpe (sono stati citati altri modelli per il film, ma credo che il principale sia il nostro neorealismo, e in particolare Rossellini e De Sica, per l’ambiente misero ma sostanzialmente positivo e per lo sguardo rivolto soprattutto ai bambini), e un cliente, un turista, lo accusa di avergli rubato l’accendino. Lo costringono a vuotare le tasche, gli vuotano la cassetta degli atrezzi, e non lo trovano, Amiro ripete all’altro che lui non ha rubato e gli chiede perché lo accusa, ma l’altro è arrogante e non gli bada. Alla sera Amiro lo aspetta vicino alla barca e gli ripete la propria innocenza, ma l’altro è sempre più arrogante, lo picchia; Amir reagisce, lo fa cadere a terra e lo colpisce, finché l’altro si rifugia sulla barca…
Quando l’edicolante che gli vende le riviste gli dice che i bambini della sua età sanno tutti leggere, lui chiede di andare a scuola, dove è ammesso ai corsi serali, con gli adulti. Mentre corre e fa altro ripete l’alfabeto per riuscire a impararlo. Qualunque cosa faccia, la fa sempre con il massimo impegno. In una gara in cui un altro ha già vinto lui continua a correre finché crolla stremato, e al vincitore che gli chiede perché ha continuato a correre a gara finita risponde che voleva vedere fin dove lui poteva arrivare. In gara soprattutto con se stesso.
La corsa è al centro narrativo e tematico del film, ma forse vi è un po’ troppo insistita; ha il senso dell’impegno e della lotta non solo per vivere materialmente in competizione con gli altri ma per emergere ed evolvere spiritualmente. L’ultima gara, tematicamente e cinematograficamente eccellente, di tono quasi onirico, poco verosimile, è giocata fra due incendi: i ragazzi partono da uno e vanno verso l’altro, presso il quale c’è un grande blocco di ghiaccio da prendere (prima che fonda totalmente!). È una corsa dura, in cui i corridori possono fermarsi e inciamparsi a vicenda… Sono tutti stremati; Amiro vince, prende la barretta, ormai piccola, di ghiaccio, sullo sfondo delle fiamme che danno una sensazione di calore insopportabile, se la passa sulla faccia e sul corpo per raffreddarsi, la innalza come segno di trionfo, ma poi vede il diretto avversario stremato, che tende le mani verso la barretta, e gliela porge; anche questi si rinfresca e poi la passa al successivo, e tutti si rinfrescano.
Un bel mondo, di solidarietà e di amicizia anche nella lotta dura e nella necessità di sopravvivenza; un mondo molto migliore di quello inumano del turista ricco ma privo di rispetto per il prossimo… Un film forse con troppa insistenza nelle corse, ma con episodi eccezionalmente belli, come quest’ultimo.
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