Regia di Walter Veltroni vedi scheda film
Giovanni ha 13 anni, è un ragazzino intelligente, per bene e pignolo, ed è rimasto orfano. Viene affidato a un fratellastro fino a quel momento sconosciuto, Stefano, quarantenne sgangherato che ama vivere alla giornata e che, più che dalla pietà fraterna, viene mosso dalla somma che andrà a ereditare se si occuperà del ragazzino.
Si intuisce fin dalla prima scena che tipo di film sarà C’è tempo: la dinamica di partenza è quella della ‘strana coppia’ formata per puro caso da due elementi antitetici che vanno a conoscersi meglio e scoprono di essere molto più uniti di quanto pensassero, anzi: di poter imparare qualcosa l’uno dall’altro. Il tutto è elevato al quadrato scegliendo, nella sceneggiatura che il regista firma insieme a Doriana Leondeff, di mettere insieme un adulto e un ragazzino, di modo da portare il confronto di cui in incipit anche su un piano generazionale. Infine nulla di nuovo neanche per lo stratagemma adottato per far scaturire le necessarie e prevedibili dinamiche interrelazionali di cui sopra: il più classico dei racconti on the road, con tappe programmatiche e snodi focali a seguire (con tanto di sottotrama rosa, duplice). Se lo schema su cui C’è tempo si sviluppa pare fin troppo evidente, va riconosciuta però una discreta perizia nel mettere insieme i tasselli della storia, che – al netto di qualche banalità di troppo qua e là – gode di sufficiente ritmo e di una narrazione sciolta anche grazie a un insospettabile Walter Veltroni dietro la macchina da presa. Insospettabile perché finora il politico e giornalista era stato un regista esclusivamente di documentari (tutti lavori piuttosto didascalici, di argomenti prima ancora che attenti alla forma) e questa è la prima volta che il Nostro si sperimenta in un lavoro a soggetto. Va comunque rilevata la scarsa attenzione che Veltroni pone nei confronti dei suoi interpreti, cosa che non pesa naturalmente per il professionista Stefano Fresi e per la cantautrice, talvolta ‘prestata’ al cinema, Simona Molinari, ma che ha valenza senza dubbio negativa per il piccolo esordiente Giovanni Fuoco. 4/10.
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