Regia di Rolando Ravello vedi scheda film
"C'è qualcosa di sinistro nella quiete che precede l'uragano....", ci avverte saggiamente l'io narrante con la voce del protagonista di una vicenda invero piuttosto sopra le righe, calcata su figure emblematiche e colme di controversie e turbe mentali senza soluzione.
E l'uragano, prima o poi, arriva.
Peccato che debba proprio farsi vivo il pomeriggio del 23 dicembre, mentre il preside si affanna a far sì che ogni dettaglio della recita natalizia tanto sospirata - frutto di riflessioni, correzioni e mediazioni atte a non turbare la variegata e multidirezionale cultura civico-religiosa delle disparate etnie che compongono le varie scolaresche - non si perda o venga sciupato sminuendo lo sforzo e l'impegno profusi dallo zelante capo dei docenti.
La catastrofe si manifesta con un sasso che un bimbo di origini musulmane, invero spesso tranquillo, ad un certo punto scaraventa contro una vetrata dell'istituto, mandandola in frantumi, ma soprattutto ferendo il custode e la di lui consorte e bidella.
Pertanto il tesissimo preside, si vede obbligato a convocare un collegio di classe chiamando a raccolta gli interessati dei fatti: i due feriti, vittime per antonomasia che non fanno nulla per dissimulare ogni eventuale ed anche plausibile malessere dopo il colpo ricevuto; la madre del colpevole, che si presenta assieme alla non meno tenace e combattiva suocera; l'ansiogena, ma inutilmente predisposta all'ottimismo, maestra del colpevole, oltre ad una giovane e scaltra bidella, in grado di far valere come oro le pretese di straordinario lavorativo richiestele dall'agitato preside.
Che, in preda al delirio da ansia per l'imminente inizio dello spettacolo, fa di tutto per cercare di giungere ad un accordo ragionevole e sbrigativo, non prevedendo che la situazione potesse degenerare verso una svolta che definire grottesca, è ancora dir poco.
Alla fine "i bambini ci salveranno", e l'incoscienza di una età ancora scevra di quella malizia virulenta che rende selvaggio l'uomo che invece dovrebbe aver imparato a discernere il bene dal male, si rivelerà assai più saggia e risolutiva della grottesca, greve superficialità, cattiveria e vigliaccheria adulta.
Proprio vero, come si intona a Natale..."ai quanto ti costò l'avermi amato"!!!!
E come si può amare una razza del genere?
Di certo si può, invece, amare un film arguto e divertentissimo con cui l'attore Rolando Ravello torna, per la terza occasione, dietro la macchina da presa, forte di quel suo sarcasmo lucido e spietato con cui aveva avuto modo di convincerci solo qualche anno prima, soprattutto col buon film d'esordio, quel "Tutti contro tutti" al vetriolo, con cui aveva iniziato ad occuparsi di regia, nel 2013.
Si ride molto, con un Corrado Guzzanti istrione certo, ma pure calibrato e perfetto, finalmente a suo completo agio in una dimensione cinematografica che gli si adatti finalmente a pennello, e riesca a valorizzarne infine le straordinarie doti; con una Lucia Mascino nevrotica come spesso le accade di essere, ma anche più comica del normale, più ispirata che in alcune altre recenti occasioni, in grado di costruire e tratteggiare i risvolti di una persona fragilissima che tuttavia sceglie di darsi un contegno e pensare rigorosamente alle cose belle, quasi come presa ad un istinto di sopravvivenza impellente.
Ma tutto il cast funziona alla grande, a partire dalle due vittime designate, rese con carisma dai validissimi Valerio Aprea e Iaia Forte - entrambi in stato di grazia - con una grevità comportamentale da manuale; per non parlare della strana coppia musulmana formata da suocera e nuora, rese con perizia da Serra Yilmaz e Kasia Smutniak.
Una bella, insperata sorpresa, questo La prima pietra, che scorre veloce verso una rapida, incontenibile ebollizione senza ritegno: quella che spinge gli ufficialmente ancora "immaturi" a prendere l'unica decisione saggia che li ponga a distanza di sicurezza da tanta, troppa, incorreggibile, irrinunciabile grettezza e crudeltà senza soluzione.
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