Regia di Takeshi Kitano vedi scheda film
Pietra miliare.
Quando arrivi sulla riva di un mare, non puoi andare più oltre. A Takeshi Kitano piace da impazzire portare i suoi personaggi al mare, forse perché anch’essi hanno raggiunto un limite, lo hanno superato, e sono ormai al di là di ogni cosa, davanti hanno solo le colonne d’Ercole della morte. Kitano riprende l’epica dei ronin, e la attualizza alla società e al cinema moderni. C’è molto di romantico e di malinconico nei ronin, nel loro vagare senza una meta e senza uno scopo. Il ronin si trova oltre la società, e quindi anche oltre le sue illusioni e i suoi inganni, al di là delle categorie di bene e male comunemente codificate. Il ronin è dannato. I personaggi di Kitano non hanno gli slanci eroici dei personaggi di John Woo, per esempio: non c’è più spazio per una loro redenzione. C’è spazio solo per un’ultima missione, - l'estremo retaggio dell'antico senso dell’onore e del dovere della loro vita precedente - prima dell’inevitabile seppuku. Hana-bi è un film meraviglioso. Si spara, si uccide, spesso e volentieri a tradimento, eppure in tutta l’opera si respira un’aria di ineffabile placidità, sembra di stare in uno di quei film di Ozu sospesi in un tempo di là del tempo, anche se può sembrare assurdo dirlo. Come se Kitano riuscisse a situare la missione dell’ex poliziotto, il ronin Nishi - un Violent Cop che ha trasceso se stesso - in una dimensione altra rispetto a quella dei patetici farabutti che lo inseguono, che, malgrado tutto, sono espressione della nostra dimensione e della nostra società, fatta di guardie e di ladri, di bene e di male. Nishi e la moglie sono già nel limbo, e non c’è un film che racconti meglio quel limbo di Hana-bi.
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