Regia di Takeshi Kitano vedi scheda film
Nishi (Takeshi Kitano) è un poliziotto sul viale del tramonto. La moglie Miyuki (Kayoko Kishimoto) è malata terminle e lui decide di lasciare la polizia dopo che, in sua assenza, Horibe (Ren Osugi), collega e suo miglio amico, è rimasto vittima in una sparatoria con un malvivente. Deve fare di tutto per prestare le migliori cure possibili alla moglie e vuole in ogni modo lenire il dolore dell'amico costretto sulla sedie a rotelle. Chiede dei soldi in prestito a una banda di strozzini della Yakuza, pur sapendo benissimo che questi non gli daranno mai tregua, che per estinguere il debito si vedrà costretto a usare le loro stesse armi, che sarà dura venirne a capo e riuscire a portare a termine il tacito accordo morale che ha contratto da solo per le uniche persone che ama.
Hana -Bi. Fiori di fuoco - Takeshi Kitano e Kayoko Kishimoto
"Hana-Bi. Fiori di fuoco" (Leone d'oro a Venezia) di Takeshi Kitano è uno stupendo noir sentimentale tutto giocato sulla sanguinolenta rabbiosità di un poliziotto deluso e la fragilità esistenziale di un uomo amareggiato dalla vita. Nishi si sente in colpa perchè una normale operazione di pedinamento si è trasformata in un "giorno maledetto". Lui è consapevole di aver commesso degli errori e che questi errori lo perseguiteranno per sempre, che si intrecceranno con la fierezza del suo carattere e col tempo che vorrà trascorrere con la moglie. Lui sa che le cicatrici non si rimarginano e i vuoti non si riempiono, che quello che è stato è stato e tornare indietro serve solo ad accellerare il vortice dell’abbandono. Così decide da solo come dovrà finire la sua storia, quanto sangue dovrà ancora scorrere e quanta serenità sarà ancora capace di distribuire : come un eroe romantico che sceglie di regalare al mare gli ultimi vagiti di una sommessa felicità. Nishi ormai è diviso tra l’amore per la moglie e il legame indissolubile con Horibe. Alla prima sta donando il tempo che occorre per intrecciare per un ultima volta i rispettivi destini. Al secondo quanto resta della sua anima ormai compromessa. Horibe (talmente perfetto come personaggio “kitaniano” da risultarne quasi un alter ego), dopo l’abbandono della famiglia e un tentativo di suicidio, è riuscito grazie all’aiuto di Nishi a rialzare la testa, a trovare sollievo nella passione per la pittura (sono di Kitano tutti i dipinti che si vedono nel film)e nell’immensità del mare. Si è trasformato in quello che Nishi non può più essere, nell’altra faccia di una stessa medaglia, un opposizione benigna nata tra due amici per la vita, necessitata dal forzato immobilismo del primo e dall’urgenza di fare in fretta dell’altro. Ecco i contrasti, che nel cinema di Kitano rappresentano la costante di una cifra stilistica subito riconoscibile, capace di permeare un cinema dall’andamento circolare dove l’elemento di assoluta originalità non sta tanto nell’attenzione riposta all’esito conclusivo di un destino già scritto, quanto nel susseguirsi vorticoso di aspetti tra loro antitetici e nella raggiunta credibilità che Kitano sa imprimere alla loro armoniosa interdipendenza. Fiori (Hana) e fuoco (Bi), amore ed odio, vita e morte, serenità e rabbia, rosso sangue e rosso colorato, la quiete della campagna innevata e i tumulti della città, il silenzio degli occhi e i rumori delle pistole, l’immensità del mare e la limitatezza dell’uomo. I contrasti appunto, quelli che danno corpo al mondo kitaniano, dove va in scena una lotta ad armi pari tra il bene e il male, dove gli opposti necessiaramente si scontrono ma possono anche attrarsi, spetta alla volontà umana indirizzarne il cammino, come ad un autore conferire i connotati etici della sua arte. Entra così in gioco un altro aspetto caratterizzante la poetica di Kitano, vale a dire il modo con cui ama giocare con i tipi della Yakuza, questo tendere a scarnificare l’oggetto malavitoso attraverso una rappresentazione condita da una vena di irridente ironia neanche troppo sottile, che oscilla tra la serietà di analisi solo accennata della struttura tentacolare dell'organizzazione criminale e la caratterizzazione quasi parodistica dei suoi agenti criminosi. Perché al cinema si può fare di tutto, anche giocare con la realtà senza disperderne la verosimiglianza. Al cinema i fiori e il fuoco possono magnificamente convivere nella sgargiante esplosività di un poeta dei colori. Facendo dell' imperturbabilità di uno sguardo la maschera malinconica di un clown con la pistola
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