Regia di Emir Kusturica vedi scheda film
Venezia 75. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica.
Emir Kusturica ha lasciato intendere, nella conferenza stampa di presentazione al proprio film, di essere arrivato a quel punto della carriera in cui non deve dimostrare niente, altresì può occuparsi di lavori che gli stanno veramente a cuore. La vita dell'ex presidente uruguayano (di nonni bosniaci) José Mujica deve essergli sembrata un argomento estremamente valido, al punto da spingerlo a volare in Sud America e realizzare con capitali locali ed in parte europei un'intervista/documentario in lingua spagnola su un uomo decisamente carismatico e fuori dal comune.
Una persona che il regista serbo ci racconta attraverso i vezzi dell'essere umano ed i simboli della lotta politica. Tra i primi un porongo pieno di yerba mate in infusione che Kusturica prova a bere con la bombilla, senza avere la stessa padronanza che invece dimostra per il sigaro, cosa che naturalmente fa sbellicare dalle risate gli astanti. Ma non c'è solo mate nella vita di quest'uomo che rifiuta agiatezze e orpelli come cellulari di ultima generazione che "fanno ormai il caffè" ma non sono certo dotati di "gabinetto", cosa che serve di più ad un vecchio come lui in perenne litigio con la prostata. Scherza Mujica con la sua età ed i problemi che ne conseguono ma la verità è che lui preferisce la libertà di non possedere. Una casa modesta, un abito semplice che veste da anni, perché "ancora buono", sono sufficienti per una vita piena e realizzata. Del resto Mujica è uno abituato a centellinare, a reciclare i tappi di plastica che ora compongono la seduta di una panchina pop-art nel giardino di casa. Ama sporcarsi le mani, zappare la terra, togliere le erbacce che rischiano di soffocare le pianticelle coltivate nella sua fattoria (l'Uruguay?) alla quale dedica ancora l'ardore che il suo corpo ormai ottantenne gli permette. Lo stesso ardore con cui si è immolato alla causa del proprio partito e che gli ha consentito di sopravvivere a molti anni di isolamento e prigionia nelle carceri statali come ci racconta il film di Álvaro Brechner "La noche de 12 años" presentato nella sezione Orizzonti in concomitanza al documentario di Kusturica.
"El Pepe, una vida suprema", tuttavia, ci parla di quegli anni sporadicamente perché il Pepe è un uomo proiettato verso il futuro e non incatenato al passato. La bellezza del documento firmato Kusturica è proprio questa: prediligere il presente al cospetto di un passato epico ma ingombrante e raccontare l'uomo che è diventato presidente del paese per il quinquennio 2010/2015 e che di tale carica si sta per spogliare per la naturale scadenza del mandato. Fa quasi impressione pensare alla "naturale scadenza del mandato" in un continente abituato a golpe e devastanti crisi sociali che si riverberano nella durata di governi molto spesso corrotti fino al midollo. E qui arriviamo ai simboli della lotta che lo hanno mantenuto saldo nelle sabbie mobili della politica, spesso allo sbando, del Sud America. "Il presidente da 800 euro" passa le consegne a Tabaré Vázquez vestendo lo stesso abito indossato al proprio insediamento. Non deve fare le valigie il Pepe perché non ha mai vissuto nel lussuoso palazzo presidenziale e quando torna nel suo "Rancho" nella periferia di Montevideo lo fa con il suo Maggiolino blu cobalto, da anni iconico logo del fronte politico che lo appoggia. La vettura presidenziale, invece, è rimasta nel garage del palazzo per cinque anni insieme allo chauffeur.
La politica deve essere rivolta a ridurre le diseguaglianze sociali, a redistribuire le ricchezze, a garantire terra ai contadini, fabbriche agli operai, case popolari, istruzione e servizi ai cittadini meno abbienti. Il lusso spinge in ben altre direzioni e poi la ricchezza "non ti accompagna nella tomba" come è solito dire. Per la morte il Pepe s'è preparato con un testamento materiale volto a garantire la prosecuzione delle proprie attività benefiche a favore dei poveri del paese, e con uno politico che lo vede ancora impegnato nella divulgazione e nell'appoggio elettorale alla compagna di sempre Lucia Topolansky anch'essa membro storico del M.N.L. come Fernández Huidrobo e Rosencof che partecipano essi stessi al lavoro di Kusturica apportando le loro testimonianze di combattenti.
Ho letto in un'intervista che tra i punti del programma elettorale di Topolansky c'è la preservazione della memoria di ciò che ha subito il paese negli anni della dittatura. La memoria è un bene necessario che non è mai abbastanza protetto dell'erosione del tempo. Ha ragione Topolansky a voler inserire questo progetto conservativo nel proprio programma. A suffragio c'è una sequenza, molto bella, ambientata in un carcere che Mujica visita insieme alla troupe. Di quel carcere restano solo le mura e il disappunto del guerrigliero tupamaro. Le sbarre hanno lasciato il posto alle saracinesce dei negozi. La gente non è più rinchiusa ma passeggia libera piena di buste e sportine. Che ne è stato del dolore e della sofferenza dei prigionieri politici? Quel dolore che ha forgiato l'uomo che altrimenti Mujica non sarebbe mai stato e che a suo dire lo ha reso migliore? Le ingiustizie sono diventate merce? Meglio un centro commerciale di un luogo di tortura ma forse un museo dedicato alla memoria storica sarebbe stato più utile per crescere consapevoli. Perdono e memoria. Questa la ricetta per un futuro migliore. Viva el Pepe!
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