Regia di Natasha Merkulova, Alexey Chupov vedi scheda film
Venezia 75. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica.
La santona ubriaca seduta sul tronco di un albero racconta a Egor la storia dell'oca che per ingannare la morte uscì dallo stagno e ruzzolò nel fango. Sporcate di terra e polvere le candide penne si nascose tra le anatre dove la falce non poté riconoscerla. L'oca sopravvisse e battè la morte che voleva prenderla con sé.
Egor è malato di cancro e gli restano forse due mesi. Così dopo aver sentito il racconto della donna si reca nel centro commerciale più vicino al villaggio dove vive. La notte stessa inizia ad indossare timidamente ciò che ha comprato: un reggiseno nero, collant color pelle, una paio di mutandine vinaccia ornate di pizzi, un vestito rosso. Un accenno di trucco ed una borsa a tracolla completano la sua curiosa metamorfosi. Egor non parla più. La morte ne riconoscerebbe la voce venendo così a reclamare quanto dovuto. La sua nuova dimensione deve contemplare il silenzio e la solitudine che esso comporta. Egor si nasconde nella baracca di legno in fondo al giardino, allontanato dal disprezzo della moglie Natalia che non aveva esitato a spendere tutti i risparmi per guarirlo con le pratiche magiche della santona. Egor è sufficientemente smaliziato da non credere alle pratiche magiche della sciamana: "vedo che non ha funzionato". "Perché? Avrebbe dovuto?". "Mi spiace, non posso restituirti i soldi. Li ho già spesi per la vodka". Tuttavia egli non ha nulla da perdere e sorseggiando il distillato comprato con i suoi soldi matura l'assurda decisione che lo tramuta nello zimbello del paese. "Ti restano pochi mesi. Muori da uomo" lo supplica l'amico ma Egor non lo ascolta. Allontanato dal villaggio l'uomo ripara nel bosco dopo essere stato picchiato. Ma il bosco gli riserva altre amarezze, altri pestaggi e altre violenze...
Egor divenuto una vergogna per la famiglia ed un pericolo per la comunità si rifugia in una brutale foresta fucina di odio e violenza, oserei dire una facile rappresentazione della Russia moderna. Il personaggio, magnificamente interpretato da Evgeniy Tsiganov, si trasforma in icona della diversità mettendo in luce il coraggio degli autori nel trattare argomenti tabù come l'omosessualità e i diritti LGTB nel paese di Putin. Un paese omofobo che, per altro, non si fa scrupoli ad usare violenza per appagare i propri biasimevoli impulsi. Così, una denuncia della politica russa, che traspare anche nella rappresentazione di una locale dirigenza inetta e corrotta, si palesa tra le righe di un realismo magico e di una poetica dell'immagine che si manifestano magniloquenti nella sequenza in cui Natalia (Natalya Kudryashova) si ricongiunge al marito malconcio nel mezzo del bosco, lo lava, lo nutre e lo trucca con amore e tenerezza come fosse il nascituro che porta nel grembo. E dopo che quel bambino esce dall'utero materno tra le pareti bianche della clinica la trasformazione di Egor si perfeziona. Il fango lavato via dall'amore rigenerante di Natalia lascia il posto ad un camice immacolato. L'anatra torna ad essere oca e ad aggirarsi chiassosa per le vie del villaggio.
Premio Orizzonti alla miglior l'interpretazione femminile ed applausi alla première in sala.
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