Regia di Flavia Castro vedi scheda film
Venezia 75. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica.
L'ex presidente uruguayano José Mujica, intervistato da Emir Kusturica nel documentario "El Pepe, una vida suprema", ha dichiarato che il suo maggior rimpianto è quello di non avere avuto figli con la compagna Lucia Topolansky con la quale ha condiviso l'impegno politico nel proprio paese. È giusto rinunciare ai figli per concentrarsi sulla rivoluzione sociale e politica? La brasiliana Flavia Castro, nel suo film d'esordio "Deslembro", ci sottopone questo quesito che il regista serbo ha vagamente accennato nel suo lavoro di documentarista. Per Castro, qui prodotta dall'astro del cinema brasiliano Walter Salles, la questione sembra preponderante. Fino a che punto conta la famiglia nella lotta rivoluzionaria? E come coniugarne le necessità con l'impegno politico? La giovane protagonista Joana ci prende per mano e ci accompagna all'interno di questa diatriba raccontando la propria storia che inizia a Parigi nel 1979 quando sua madre ed il compagno di lei decidono di far fagotto e trasferire l'intera famiglia in Brasile. Il presidente, il generale Figuereido ha reintrodotto, da poco, il multipartitismo, abolito la censura e concesso l'amnistia ai dissidenti politici con la possibilità di ritorno in patria senza ritorsioni per coloro (soprattutto comunisti) che erano stati costretti all'esilio fin dal golpe del 1964 orchestrato con il beneplacito della CIA. Joana non ha nessuna voglia di lasciare i grigi e freddi tetti parigini e le amiche del cuore tuttavia non può far nulla per impedire il ritorno della famiglia nelle assolate spiagge di Rio de Janeiro. Ospitata nella casa dove aveva vissuto, prima del golpe e della "scomparsa" del padre, Joana stenta ad ambientarsi. Spesso, lei, il fratellastro ed il figlio di Luis, il compagno della madre, vengono lasciati soli e Joana deve badare a questa famiglia allargata mentre i genitori cercano di riallacciare i contatti politici interrotti nel periodo della dittatura. Luis in particolare si sta organizzando per combattere il regime di Pinochet nel paese d'origine dove vive ancora la madre del suo figlio maggiore, scelta che lo sta allontanando sempre più dal nucleo familiare provocando lacerazioni e tormenti interiori ai quali Joana cerca di porre rimedio con l'aiuto di una nonna paterna alquanto energica e ricca di sorprese. Alle difficoltà di integrazione e alle assenze si aggiungono poi i frequenti sogni e i frammenti di ricordi del padre che riaffiorano dall'inconscio con il loro pesante carico di angosce.
Flavia Castro dirige questo suo primo lavoro con tocco lieve e sicuro aiutata dalla perfetta conoscenza della materia che si basa su elementi autobiografici. Nonostante l'accurata rappresentazione storica la regista sembra più interessata alle questioni morali e alla maturazione interiore della giovane protagonista. La politica non è l'argomento centrale di un film che vuole affrontare, piuttosto, altre tematiche importanti: il rapporto genitori/figli, la memoria individuale e quella collettiva, l'impegno civile. Il film della Castro si regge sulle spalle di Joana (ben interpretata dalla giovane attrice Jeanne Boudler), una ragazza intelligente e sensibile che preferisce la lettura all'attualità ma che grazie alla nonna prende il coraggio di affrontare i fantasmi del passato. I sogni, i brandelli di ricordo che riaffiorano a più riprese vengono così neutralizzati e declassati in base alla loro effettiva consistenza. Joana libera dal peso del passato può affrontare al meglio il futuro e le possibili dolorose conseguenze delle scelte e delle aspettative di ogni componente delle famiglia: dalla ricerca di verità e ammissioni che nonna Lucia non riesce ad ottenere alla dicotomica necessità di Luis e compagna di accudire la famiglia ed obbedire all'urgenza ideologica che li spinge verso un impegno politico, finalmente, attivo. Joana invece deve lottare contro l'istinto nichilista di una vita conformata a valori di estraneità da ogni impegno civile che metta a rischio l'integrità della famiglia e l'apertura verso aspettative diverse da quelle che ricadono nel suo mondo adolescente. Una situazione non facile da gestire, che la regista ha ben chiara, e che necessita dell'impegno di tutti nella convinzione che i figli non sono pacchi da mollare di qua e di là per combattere i mulini a vento e i valori civili non devono essere schiacciati sotto il peso dell'egoismo e dell'individualismo. Qualunque siano le difficoltà da superare la famiglia per Castro è una cellula fondamentale della società ed è ad essa che dedica il momento più emozionante tra il verde della foresta pluviale che uno scroscio potente d'acqua riaccende di brillantezza. La pioggia lava via dubbi e tristezza e riavvicina il nucleo familiare che spogliato di ogni patema sorride alla vita pur restando sotto l'adobrante cappello di un futuro scuro e pieno di incognite. Una natura smagliante, selvaggia e complessa fa da contrappunto alle rassicuranti calde ma, in fondo, sterili e omologate spiagge di Rio (la società individualista e consumista) in cui Joana non si sente a suo agio e nelle quali non può trovare il proprio ruolo senza perdere qualcosa del suo "io interiore".
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