Regia di Emir Baigazin vedi scheda film
VENEZIA 75 - ORIZZONTI - PREMIO MIGLIOR REGIA
Opera terza e conclusione di una trilogia sulla adolescenza iniziata con Lezioni di armonia (2013) e The wounded angel (2016), Ozen vede la firma del kazako Emir Baigazin. Cinque splendidi giovani interpreti di altrettanti fratelli tutti tra l'infanzia e l'adolescenza, destinati dal padre ad occuparsi di una tenuta in mezzo alla steppa ove allevano il bestiame, coltivano ortaggi, e costruiscono stalle con mattoni cesellati a mano nel fango antistante il cortile. Sei ragazzi (ai cinque si aggiunge infatti poco dopo un cugino quasi coetaneo, proveniente dalla città, pronto ad incantarli con i suoi ammalianti gadgets tecnologici) protagonisti di un film magico sul fascino irresistibile delle tentazioni, ed il gusto del proibito.
Una pellicola densa di contenuti e riflessioni pratiche e morali, sull'attrazione tentacolare che il progresso esercita nei confronti di chi chi si avvicina per la prima volta, perdendo quel senso di responsabilità e dovere da sempre al centro di una rigida educazione familiare indottrinata senza eccezioni, ma con giustizia - verso forme di consumismo destinate a creare dipendenza ed una irresponsabilità latente fino a poco prima sconosciuta ai cinque.
Una ventata di novità destinata a spezzare equilibri gerarchici tra i fratelli, e a compromettere quella ideale oasi di operatività perfetta che un padre-padrone inflessibile ma in fondo giusto, era riuscito a creare.
Il fiume del titolo rappresenta pure lui e ancor primacdella venuta del cugino viziato e tentatore, la svolta, la possibilità di scelta, di cambiamento, ma anche il pericolo senza ritorno.
Tutti indizi, fattori ed elementi che, uniti ad una capacità di ripresa visivamente abbacinante, rendono The River un piccolo grande film sia dal punto du vista delle riflessioni intrinseche, sia da quello esteriore della abile, stilosa messa in scena, forte continuamente di sorprenderci con la potenza di singole immagini che sono quasi dipinti emozionanti di perfezione, ed esatta e pittorica disposizione.
Questo con il contributo saliente di un territorio quasi incontaminato, disabitato se non dagli abitanti locali, e probabilmente puro e cinematograficamente vergine alla cinepresa.
Si completano in tal modo gli ingredienti utili a compiere il miracolo di un film stupendo, fisicamente per la perizia dimostrata dal regista Emir Baigazin e simbolicamente, per le tematiche moralmente alte di cui si fa responsabilmente a carico la vicenda, realmente emozionante.
Quasi una nuova forma di moderno neorealismo che solo un paese come il Kazakhstan può ancora permettersi di rappresentare, con perfetta aderenza alla vita contadina degli abitanti delle campagne che circondano le immense colline terrose e sabbiose di quella terra lontana ed affascinante.
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