Trama
Vicino a un villaggio sulla costa in Thailandia, in una zona in cui sono annegati migliaia di rifugiati rohingya, un pescatore locale trova un uomo ferito che giace incosciente nella foresta. Salvando lo sconosciuto che non proferisce alcuna parola, gli offre la sua amicizia e lo chiama Thongchai. Quando il pescatore scompare improvvisamente in mare, Thongchai inizia lentamente a prendere il suo posto nella sua via, nella sua casa e con la sua ex moglie...
Approfondimento
MANTA RAY: IL DRAMMA DEI RIFUGIATI
Diretto e sceneggiato da Phuttiphong Aroonpheng, Manta Ray racconta la storia di un pescatore che, nei pressi di un villaggio costiero della Thailandia, in un luogo in cui sono annegati migliaia di rifugiati rohingya, ritrova un uomo ferito e in stato di incoscienza. Il pescatore salva lo sconosciuto, che non preferisce verbo, gli offre la sua amicizia e lo chiama Thongchai. Quando però il pescatore scompare improvvisamente in mare, Thongchai inizia lentamente a sostituirsi a lui e ad appropriarsi della sua vita, della sua casa, del suo lavoro e della sua ex moglie.
Con la direzione della fotografia di Nawarophaat Rungphiboonsophit, le scenografie di Sarawut Krawnamyen, i costumi di Chatchai Chaiyon e le musiche di Mathieu Gabry e Christine Ott, Manta Ray è stato così presentato dal regista in occasione della partecipazione al Festival di Venezia 2018, dove ha vinto la sezione Orizzonti: "Il fiume Moei è un piccolo specchio d'acqua che segna il confine tra la Thailandia e il Myanmar. Sono arrivato laggiù nel 2009, da solo ed entusiasta. Lungo la frontiera, non c'era nessun checkpoint, nessun soldato di pattuglia e niente filo spinato. Si vedeva solo un'insenatura profonda, facile a prima vista da attraversare. Ho guardato al di là e ho notato un bambino che faceva capolino da un cespuglio. L'ho visto entrare in acqua e mettersi a nuotare verso la mia direzione, il mio Paese. Poco distante da dove ero io, c'erano due ragazzi che giocavano. I due hanno chiamato lo straniero, si sono uniti a lui e hanno continuato a nuotare e giocare insieme. Nello stesso anno, le barche che trasportavano i rifugiati rohingya vennero allontanate dalla costa thailandese dalle autorità. Cinque imbarcazioni di legno furono rovesciate e tre centinaia di esseri umani scomparvero nell'oceano. Avrei voluto tanto che il loro destino fosse simile a quello di Thongchai, il primo dei due uomini della mia sceneggiatura: ferito, è arrivato a riva sulla costa thailandese ancora vivo".
"Nel 2015 - ha proseguito Aroonpheng - "su una collina nei pressi di Padang Besar, una cittadina sul confine meridionale della Thailandia, è stata scoperta una fossa comune di rohingya. La causa di tutte quelle morti rimane un mistero. I corpi non possono ovviamente parlare e la cosa è stata pian piano dimenticata. In una scena fondamentale del mio film, si sentono più voci provenire dalla foresta. Sono le voci del dolore e delle lacrime: le ho registrate dai rifugiati rohingya. Quelle voci non saranno così dimenticate e non svaniranno nel nulla: continueranno a esistere, come il mio film".
Ha poi concluso: "Nel momento in cui in Manta Ray il pescatore dai capelli biondi fa ritorno e vede come Thongchai, l'uomo che una volta ha salvato. ha preso il suo posto in casa, si prepara il terreno per l'esplosione di violenza. In tutti questi anni ho continuato e continuo a sentire storie di rifugiati in fuga da orrori indicibili che cercano riparo nel mio Paese. Spesso costoro non sono ben accolti, sono indesiderati e vengono percepiti come un pericolo. Mi sono trovato spesso di fronte a casi di estremo nazionalismo e discriminazione a opera di diversi amici con cui sono cresciuto sin dall'infanzia. Le persone hanno sviluppato risentimento ed egoismo: è stato insegnato loro a credere nell'idea di una nazione segregata da proteggere a tutti i costi. Chiudo allora gli occhi e mi immagino una foresta buia e isolata, dove regna la tranquillità e il chiaro di luna risplende tra le fronde degli alberi. Mi guardo intorno e improvvisamente vedo un uomo con delle luci al neon che reclama la sua terra. Mi mette un braccio sulla spalla... e riapro nuovamente gli occhi. Il fiume Moei è sempre davanti a me, il sole alto e i due ragazzi salutano il loro amico straniero. Questi si rimette in acqua e torna da dove è venuto. Lo guardo fino a quando non scompare dalla mia vista. La sera sta per calare e comincio a vedere le luci al neon dall'altro lato del confine".
Il cast
A dirigere Manta Ray è Phuttiphong Aroonpheng, regista e sceneggiatore thailandese. Dopo aver studiato Belle Arti alla Silpakorn University di Bangkok, Aroonpheng ha cominciato a realizzare cortometraggi che sono stati selezionati in numerosi festival in giro per il mondo, da Busan a Rotterdam. Il suo corto più… Vedi tutto
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Commenti (1) vedi tutti
Sui nostri schermi, in poche sale, incontriamo questo titolo tailandese, premiato col suo regista a Venezia lo scorso anno (Sezione Orizzonti). Si tratta di un film di grande poesia e di sicuro interesse, trattandosi del primo lungometraggio firmato da un autore sconosciuto, che non è un cineasta, ma un artista che ha studiato arti visive.
leggi la recensione completa di laulilla