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La ballata di Buster Scruggs

Regia di Ethan Coen, Joel Coen vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La ballata di Buster Scruggs

di Inside man
8 stelle

Fedeli alla poetica cinematografica postmoderna che a metà anni “80 contribuirono a diffondere nel mondo, i fratelli Coen tornano ad alti livelli dopo un periodo non breve di opere manierate e poco incisive.

Se il leitmotiv di La Ballata di Buster Scruggs sembrerebbe essere l’aleggiare di un palpabile senso di morte (come non accadeva dai tempi di The Man Who Wasn't There), a colpire  è l’eterogeneità del suo impianto strutturale, suddiviso in capitoli antologici contraddistinti da diversi stili narrativi (modello Ulysses di Joyce) e da sottogeneri riverberanti le varie anime mitopoietiche del Western.

 

locandina

La ballata di Buster Scruggs (2018): locandina

 

L’episodio iniziale, mitico-picaresco, omaggia con stravagante candore l’imprescindibile Sergio Leone e lo Shane di Stevens, il secondo, disillusamente kafkiano, è improntato a un paradossale determinismo (Monte Hellman), laddove l’impianto brutalmente pauperista appannaggio del terzo frammento, funge da brodo primordiale per la quintessenziale origine del “pensiero unico” capitalista.

Il bieco impresario di Liam Neeson è al contempo perfida incarnazione del produttore moderno e miserrimo epigono del monumentale Plainview di There Will Be Blood.

La quarta vicenda azzarda la carta naturalista nel simbolico incontro, denso di conseguenze, tra ambiente incontaminato e spirito avventuroso portato in dote dai primissimi cercatori d’oro (nell’hawksiano The Big Sky erano cacciatori di pellicce, sic!). Parafrasando: ad ogni impulso antropico corrisponde sempre un’azione eco-distruttiva.

Il rigore è alla base della successiva ballata, un melò-pionieristico magistrale nel suo mix di asprezza panica e delicata introspezione (Wagon Master), mentre a chiudere il cerchio con notazioni horror da Poe e logorroici dialoghi (si spazia da Stagecoach a The Hateful Eight), arriva l’epilogo gotico-allegorico, in cui a vestire i panni ben poco aulici del truce cocchiere di diligenza c’è nientemeno che Caronte.

 

Tim Blake Nelson

La ballata di Buster Scruggs (2018): Tim Blake Nelson

 

Da manuale (coeniano) l’eccellenza dell’intero cast e della fotografia, l’impeccabile verismo scenografico, il taglio della messa in scena e la beffarda spietatezza del tono, al contrario scricchiolano il ricorso, seppur moderato, alla CGI per gli effetti faunistici e certe ingenuità di scrittura come la disumana forza di recupero del vecchio Tom Waits, redivivo in 24 ore dopo esser stato trapassato alla schiena da un proiettile a bruciapelo... altro che Rambo!

 

Per non annoiare i lyotardiani doc chiudiamo con la più canonica modalità esegetica postmodernista, il mini elenco dei personali “must” scelti tra le molteplici alternative offerte dal film:

- Best sequence: la “letterale” venuta in cielo del simpatico (e tremendo) Buster, con la lirica canzone originale in diegesi degna degli straordinari intermezzi “a gamba tesa” di The Big Lebowski.

- Poetic moment: l’ultimo istante del personaggio di James Franco: "questa sì che è una bella ragazza" il suo lapidario commiato, visione di luce tra un prima e un dopo incomprensibili, metafora ad effetto dell’istantaneità della vita.

- Another end like Živago: Nooooo!! (cit. da Palombella rossa) La pavidità è un sentimento in fondo inconciliabile con la dura narrativa della frontiera, le indistruttibili donne fordiane sono lì a dimostrarcelo, ma la povera Alice... suicida con un colpo in fronte… dannazione proprio NO, perché la struggente e bellissima storia d'amore con la guida fascinosa, s'avea da fare!

- Dulcis in fundo, The best comic joke a dimostrazione di come potenza delle armi e robustezza degli utensili da cucina non fossero nemmeno vagamente paragonabili a quelle odierne:

Padella! Padella! Padella! Bam!

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