Regia di Pupi Avati vedi scheda film
La storia è ingarbugliata ma è ampiamente riscattata dall’ordine quasi matematico con cui vengono ricostruiti e raccontati gli eventi da Pupi Avati che qui sembra procedere sempre in avanti nella raccolta di elementi atti a chiarire le vicende e sciogliere così tutti i dubbi che progressivamente si sono accumulati, al fine di approdare a una conclusione certa, anche quando va invece a ritroso perché a lui preme semmai arrivare al nocciolo della questione che qui è l’origine de male e dove fin da subito, vengono chiamate in causa numerose questioni e fra queste, la politica, la chiesa e le credenze popolari.
In un primo momento potrebbe sembrare dunque lo schema di un giallo sull’individuazione (e conseguente smascheramento) del colpevole, ma si tratta solo di una falsa pista atta a fuorviare l’attenzione dello spettatore poiché anche questa volta il vero leit-motiv del racconto, è quello dell’oscura ambiguità violenta di una provincia retrograda e bacchettona dove vigono ancora superstizioni dii stampo quasi medievale, come quella a cavallo fra Emilia Romagna e Veneto (che è poi quello che Avati sa fare meglio di ogni altra cosa).
Avati insomma non si smentisce nemmeno questa volta a conferma che questo è il terreno a lui più congeniale.
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