Regia di Pupi Avati vedi scheda film
L'omicidio, in odore di superstizione religiosa, del giovane figlio di una potente aristocratica veneta potrebbe condurre ad un grosso scandalo per il cattolicesimo. Siamo nei primi anni '50 e la Democrazia Cristiana è preoccupata per i consensi che potrebbe perdere in quella regione, in vista delle imminenti elezioni (la donna è sempre stata sostenitrice del partito). I vertici decidono, quindi, di affidare le indagini ad un giovane funzionario della DC... Di tanto in tanto Pupi Avati torna al giallo/horror dalle atmosfere gotiche. La caratteristica che accomuna (quasi) tutto il suo cinema sono i racconti popolari favolistici cosiddetti "Filò", le storie di provincia e (talvolta) una critica della società retrograda. In questa occasione prima scrive un romanzo omonimo e poi realizza (in tempi brevi) il già previsto adattamento cinematografico. Gli ingredienti sono: un'ottima fotografia che ricalca il gotico padano degli anni '70, musiche inquietanti (qualcuna che ricalca un leit motiv de LA CASA DALLE FINESTRE CHE RIDONO), location suggestive (che richiamano il favolistico/allegorico LE STRELLE NEL FOSSO), un discorso politico notevole e odore di zolfo (come già nel molto simile L'ARCANO INCANTATORE) ... Per l'occasione richiama molti dei suoi attori principali, in compagnia di tanti altri volti del periodo (alcuni dei quali quasi meteore) e ci offre un lavoro ben realizzato, emozionante e carico di misteri finché non si arriva al colpo di scena finale che, però, subito ci lascia perplessi ma che una attenta riflessione (non per forza una seconda visione!), anche solo di poche ore, ci porta a riconsiderare la spiegazione finale come grandiosa, da cardiopalma e politica... molto politica. Forse lontano da poter essere considerato un capolavoro, si tratta comunque di un buon ritorno, notevole se rapportato con l'attuale panorama cinematografico (non solo italiano).
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