Regia di Jonah Hill vedi scheda film
CINEMA OLTRECONFINE
Un tredicenne di nome Stevie, corporatura esile e poco sviluppata che lo rende simile ancora ad un bambino, complessandolo oltre il dovuto, tenta con orgoglio di cavalcare l'onda delle compagnie toste che circondano il suo ambiente natio, cercando poco per volta di introdursi nel fantasmagorico mondo degli skaters.
Siamo in pieni anni '90, come suggerisce il titolo dell'opera d'esordio da regista dell'apprezzato, volitivo attore americano Jonah Hill, classe 1983, e per questo motivo di una classe assai consona a dedicarsi a trattare le sfaccettature, ai vezzi e le complicità della cultura giovanile (americana, molto californiana) di quegli anni, per la quale l'utilizzo dello skate e l'apprendimento delle tecniche sempre più audaci, acrobatiche e sin rischiose per lanciarsi su percorsi e superfici anche ardite, finiva per acquisire, a favore dei più temerari, un ruolo in grado di diplomarli ufficialmente verso un percorso di maturazione ed integrazione atto a divenire il lasciapassare decisivo per divenire un leader.
Seguiamo pertanto il tortuoso percorso di apprendimento ed integrazione dello smilzo, tenace ragazzino, impegnato a staccarsi da un controllo preventivo e per lui opprimente di una madre nubile che si preoccupa del cambiamento del proprio figlio minore, senza quasi accorgersi dei disagi in capo a quello più grande (lo interpreta, perfettamente come il suo solito, l'ottimo Lucas Hedges), un finto duro capace solo a picchiare a sangue il fratellino, e a fare il remissivo con i veri tosti, di fronte ai quali soccombe e si inchina.
Ne scaturisce un valido, a tratti intenso "coming of age", in realtà solo apparentemente autobiografico (ci sarebbe piaciuto e sarebbe apparso coerente con l'età ed eventualmente l'esperienza personale del suo regista, ma non certo indispensabile) che si sviluppa attraverso un lavoro che non ambisce a raggiungere vette di originalità di fatto impensabili, visti i precedenti sulla tematica, ma che si distingue per la capacità di alternare una narrazione ben strutturata a descrivere un percorso di crescita e maturazione, ad uno stile visivo a tratti documentaristico, peraltro non nuovo appunto, ma già visto ad esempio in alcune tra le più premiate e famose opere di Gus Van Sant, incentrate su medesime o simili argomentazioni, con un sottofondo musicale appropriato, forte di una colonna sonora costellata di pezzi d'epoca di gruppi e band epocali come i Nirvana.
Ottima scelta per il ruolo del protagonista, un Sunny Suljic dall'espressività coinvolgente, in grado di riuscire a rendere palpabile in disagio e i moti interiori altalenanti di un giovane in cerca di una propria identificazione, quando la vita appare già dalla gioventù come un percorso arduo e sempre in salita, per affrontare il quale forse quella straordinaria tavoletta a quattro ruote appare ben più che un semplice ed ecologico strumento alternativo di locomozione, bensì uno status in grado di fare la differenza, qualora lo si riesca a dominare e insieme al quale creare arte nel movimento.
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