Regia di Toni D'Angelo vedi scheda film
L'attore è fondamentale in Nessuno è innocente, cortometraggio di Toni D’Angelo, presentato fuori concorso alla Settimana della Critica. Nei suoi (purtroppo) pochi minuti, il lavoro del regista di Una notte, L’innocenza di Clara e Falchi, ripercorre la disavventura di Ermanno, che per lavoro è costretto ad addentrarsi tra le vie di Scampia. Alimentato dai luoghi comuni sul quartiere più difficile della città partenopea, Ermanno teme attacchi da ogni lato e vede nemici ad ogni angolo. Persino le mappe del navigatore del suo cellulare sembrano, nella sua ottica, essergli nemiche e tirargli brutti scherzi portandolo davanti a un capannone all’apparenza abbandonato.
Muovendosi in macchina, Ermanno scende solo per una sosta a un bar a chiedere informazioni ma la sua immagine deformata del quartiere non fa altro che fargli vedere criminali ad ogni angolo. Dal barista ai ragazzi in motorino, sono tutti cani pronti a sbramarlo, ad attaccarlo e a nutrirsi delle sue viscere. La sua percezione della realtà è talmente malata che lo porta a perdere l’innocenza e a macchiarsi di uno dei reati più truci che possano esistere: omissione di soccorso per un incidente che lo stesso, per timore, ha provocato. Di auto pirata parleranno i mezzi di informazione con vittima una giovane donna che rientrava dal lavoro, una giovane innocente. Ma a Scampia chi è veramente innocente?, si chiederà Ermanno. Nessuno, è la risposta di cui si convincerà.
Ermanno ha il volto di Salvatore Esposito, noto ai più per essere il protagonista malavitoso della serie Gomorra. D’Angelo ha la geniale idea di portarlo dall’altro lato della barricata, di fargli posare le pistole per farlo vestire di incertezze e dubbi, di spogliarlo di autorevolezza per renderlo fautore di feroce codardia. Le espressioni di Esposito, restituite da una telecamera che sembra volergli entrare sotto pelle o dentro gli occhi, dicono tutto anche senza proferire verbo: ciò che si legge nei suoi occhi è la paura che attanaglia di tutti coloro che il diverso o l’altro non riescono a spiegarselo se non attraverso le parole di chi diffonde luoghi comuni o innesta all’odio. Razzisti, xenofobi, classisti o estremisti che siano. Perché, in fondo, l’atro qualcosa ha sempre fatto: nella realtà o nella nostra malata distorsione da social network e fake news.
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