Regia di Saaed Al Batal, Ghiath Ayoub vedi scheda film
In Concorso alla Settimana Internazionale della Critica, a Venezia 75, e risultato vincitore,Still recording è qualcosa che non possiamo definire, inquadrare in un genere, archiviare come documento.
Benvenuti nel deserto del reale! è il saluto diMorpheus, il noto personaggio che nella Chicago post-guerra globale di Matrix guida la resistenza in una realtà virtuale prodotta da un mega-computer al quale sono tutti connessi.
Chicago cinematografica e New York dopo l’11 settembre unite dalla fantasia di Hollywood, le guerre remote e la fiction a portata di telecomando, il tubo catodico e i Mig che sganciano vere bombe dal cielo.
C’è una terza via? C’è un modo non per capire, che è impossibile, ma per evitare di immaginare soltanto?
C’è e ce la mostrano Saeed Al Batal e Ghiath Ayoub, 450 ore di girato ridotto a due ore,quattro, cinque anni a registrare e ancora registrare, senza palinsesti, troupe, aggeggi vari.
Una cinepresa, un cine-occhio alla Vertov, la macchina pura che registra il reale, con la differenza che spesso il cine-occhio deve mettersi al riparo, i cine-operatori muoiono di fame e di sete, il rischio che lo spettatore volti le spalle è grosso.
Il film è estenuante, lungo, paradossale se non sapessimo che è tutto vero, che più vero di così si muore, ed è per questo che la tentazione del rigetto è forte.
Ma poi si resta e si guarda.
Siria, gli anni della guerra.
I due amici di città diverse frequentano un corso di cinema, l’insegnante parla di vampiri e amenità varie.
Escono e cominciano a filmare.
E l’assurdo diventa realtà.
Graffitari in azione a Douma nonostante i cecchini.
Un tizio fa allenamento fra le macerie perché, dice, lo sport vivrà sempre e allora corsa, stretching e avanti che la vita è bella.
Un bambino ha appena assistito ad una carneficina e risponde alle domande come se gli chiedessero dov’è una strada, c’era un pezzo di un uomo davanti a lui, poco fa, e ora dov’è? boh, l’hanno preso e portato giù.
E c’erano anche, come si dice, ossa, sì , ossa.
E c’è una donna velata con le borse della spesa che si fa riprendere, caso mai la madre possa vederla su qualche schermo, e per l’occasione sposta il velo dal viso, ma continua a pregare il grande, divino e buon Allah.
E il grande, divino e buon Allah lo pregano tutti in continuazione, anche quando meno te l’aspetti, anche quando urge qualche emergenza nell’emergenza che lì è il pane quotidiano.
Certo Allah li salverà tutti, ma intanto tocca correre qua e là, in una confusione totale, nel rumore più polifonico di grida, spari, bombe, preghiere sempre ad Allah, risate, sì, risate, perché qualche spiritosaggine si riesce sempre a dirla a chi t’intervista per strada.
Hanno un modo collaudato di avvolgere i morti in teli bianchi chiusi da corde all’estremità.
Poi si scava una buca nella terra fuori le mura e si depone il fagotto, a volte un fagottino.
Millecinquecento bambini nell’ultimo anno, ma c’è ancora qualche scuola materna dove si va con pennelli e vernici colorate e i bimbi verniciano la staccionata.
Le maestre li hanno coperti con sacchi neri della spazzatura per non macchiare i vestitini.
Nella guardiola di un condominio sono ammucchiati uno sull’altro una decina di questi pacchi bianchi, un’intera famiglia sterminata dalle truppe di Assad o dai ribelli, e chi se ne ricorda, morire in Siria non è questione di appartenenza.
I due filmmaker non montano, solo riducono il girato selezionando scene, ma poi lasciano che vada la città, i quartieri desolati, le case sventrate, le bici che passano su strade invase da detriti, il fumo dopo un’esplosione, le macchine capovolte … tutto già visto, migliaia di volte nei tg, nei reportages, sui giornali.
Ma poi? Si gira pagina, si parla d’altro.
Saeed Al Batal e Ghiath Ayoub continuano a girare, Still recording, girare ancora.
Tu ami la Siria? Chiedono ad un ragazzo.
Quello sorride, non capisce subito, e poi allargando tutta la bocca “Siii!!!”.
(Speriamo che Allah lo ascolti prima o poi).
In Concorso alla Settimana Internazionale della Critica, a Venezia 75, e risultato vincitore, Still recording è qualcosa che non possiamo definire, inquadrare in un genere, archiviare come documento.
Morire per girare, come è accaduto a uno dei quattro operatori, è qualcosa che va oltre e va oltre tutto in questo film, è l’assurdo, l’insensato, l’incommensurabile.
Benvenuti nel deserto del reale!
www.paoladigiuseppe.it
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