Regia di Hajooj Kuka vedi scheda film
Venezia 75 – Settimana della critica.
Ormai abituati ad assistere alle più disparate forme di umorismo, che non escludono alcunché dal loro raggio d’azione, è raro essere sorpresi da una qualsivoglia rappresentazione. A suo modo, Akasha riesce in questa missione, grazie a una formulazione che esercita un’azione di captatio benevolentiae, con una panoramica atipica su un territorio martoriato da un conflitto armato apparentemente infinito.
Sudan. Dopo aver colpito un bersaglio importante, Adnan (Kamal Ramadan), un rivoluzionario sudanese, è stimato da tutti, ma quando, in corrispondenza del rientro dalla pausa della stagione piovosa, si trova con Lina (Ekram Marcus), privato della sua preziosa arma e assente ingiustificato all’appello della sua unità, il comandante si mette sulle sue tracce con intenzioni belligeranti.
Così Adnan, insieme all’amico Absi (Ganja Chakado), escogita ogni possibile piano per non essere rintracciato e rientrare in possesso della sua fidata arma, possibilmente senza perdere di vista Lina che, dal canto suo, non rimane con le mani in mano.
Fondamentalmente, Akasha è una ronda lunga ventiquattrore, sospesa tra guerra e amore, quest’ultimo non solo strettamente umano, ma anche per un oggetto che può determinare - più di qualsiasi altro - le sorti del suo legittimo proprietario e per una terra che, nonostante tutto, mantiene le sue tradizioni e prova ad andare avanti.
Un andamento fortemente caratterizzato dal luogo che lo ospita, da una guerra che è diventata forma mentis, da tanto è stata inculcata in profondità, e con il linguaggio delle armi a dettar legge, operando in controtendenza.
Di fatto, il tono è lieve e beffardo, mentre l’intreccio inscenato testimonia metaforicamente l’assurdità della contingenza, con un espediente qual è il travestimento che ha regalato soddisfazioni fin dai tempi di A qualcuno piace caldo (qui utilizzato con sobrietà) e pure una fugace digressione onirica dall’indubbio impatto visivo, soprattutto considerando che cala su uno scenario povero.
Elementi di supporto per una trama esile ma contraddistinta da un’atmosfera fragrante e ancor prima istintiva, soprattutto nel suo identificare fattori chiave per poi farli emergere senza snocciolare soluzioni tendenziosamente esuberanti, mantenendo un profilo contenuto, distante dal dramma, divertente, ma non buffo o cialtrone.
Vivace, in fiera discordanza con un teatro di guerra che non sembra avere alcuna intenzione concreta di voltare pagina.
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