Regia di Jamie Tracey vedi scheda film
Da cosa si può riconoscere un film semi-professionale? L’amatoriale credo sia chiaro a tutti. Innanzitutto, gli attori sono volti sconosciuti e molto spesso senza arte né parte. Il budget è così rosicato che i film si girano nel cortile di casa. Ma al di là di questi elementi lampanti, ci sono dettagli che ci fanno subito capire di che film si tratta. Oggi, dopotutto, il digitale ha aperto a chiunque la porta del cinema e chiunque si improvvisa regista. Spesso i poster dei film sono migliori di quelli mainstream, e anche questo a volte è un indizio. Sostanzialmente s’è ridotta dal distanza tecnico-materiale tra mainstream e semi-professionismo, amatorialità e fun art. Ciò che però non può cambiare è la qualità del progetto e chi cerca di plasmarla. Quindi, per esempio, segnali evidenti di un film semi-professionale sono: la durata inferire all’ora e mezza che di per sé non è necessariamente indicativa di semi-professionalità, dati i tanti capolavori concentrati in breve tempo, ma nei film più o meno amatoriali non si sa mai cosa dire e si cerca di rattoppare i buchi per tirare una durata commerciale attraverso un altro elemento indice di scarsa professionalità, la verbosità, ovvero troppi dialoghi e poca azione, anzi, l’azione potrebbe essere contenuta mediamente in venti minuti; campi e controcampi abbastanza rari e spesso non del tutto corretti; inquadrature regolarmente a campo totale e senza movimenti di macchina tranne quando c’è di mezzo una camera a mano; rari i primi piani; il montaggio ha tempi quasi sempre sbagliati; infine, l’azione è goffa, magari scazzottate maldestre e tempi plastici imbarazzanti.
Se guardiamo Howls notiamo buona parte di tutto questo. Per la maggior parte del tempo i tre protagonisti, tra cui il regista Jamie Tracey, non fanno che parlare a camera fissa o camminare a zonzo nel bosco senza che accada qualcosa. Notevoli e davvero suggestivi gli ultimi quindici minuti e anche il finale ha un senso nuovo e insolito per il genere di appartenenza. Ma a questo punto bastava un cortometraggio come Eaglewalk (Rob Himebaugh, 2012): bello, efficace e tecnicamente inattaccabile.
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