Regia di Sidney Lumet vedi scheda film
Qui Lumet sembra quasi alla prova generale del più riuscito Quel pomeriggio di un giorno da cani. Non siamo ancora a quel livello, forse anche per la scelta di Sean Connery nel ruolo del protagonista, però alcuni spunti interessanti sono già presenti e sono ben sviluppati da uno dei registi migliori (forse non geniale, ma certamente affidabile e professionale, uno che raramente delude) dell’ultimo mezzo secolo. Tra questi spunti, l’osservazione secondo la quale gli accidenti del caso sono sempre in agguato per trasformare un colpo nato quasi per combinazione, come un lavoretto facile, in un rompicapo maledettamente complicato, nonché la funzione conservatrice delle forze di polizia: come si sforza di ripetere continuamente il capitano, il compito dei poliziotti è quello di proteggere i bravi cittadini. E, guarda caso, all’assalto vengono sempre mandati gli agenti di colore. Come ci avevano già insegnato film quali Giungla d’asfalto di Huston e Rapina a mano armata di Kubrick, il crimine, in termini economici, non paga più (coloro che intendevano trarre profitto dalla rapina ci rimettono tutti la pelle), ma forse appaga, perché mantiene intatto il suo fascino: l’anziana rapinata sente una scarica di adrenalina per quell’invasione del suo appartamento (non riceveva visite dalla fine della Seconda Guerra Mondiale), mentre il vecchio complice è tutto eccitato dal suo riacquistato ruolo “sociale” di componente della banda (ai poliziotti che lo ignorano rivendicherà «ne faccio parte anch’io!») e, per di più, il colpo gli servirà per poter riguadagnare il suo posto in galera, dove aveva passato gli ultimi quarant’anni. Il ragazzino paralitico, infine, potrà vantarsi del suo ruolo di eroe per un giorno. Un film da vedere.
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