Regia di Abbas Kiarostami vedi scheda film
Cosa vuole quest'uomo ben vestito con un fuoristrada che gira per la campagna intorno a Teheran avvicinando giovani uomini offrendo loro del denaro? Che sia una checca in cerca di avventure?
Mi ricordo un film di Aki Kaurismaki (le stesse iniziali di Kiarostami: una coincidenza?), "Ho affittato un killer" (1990), in cui Jean-Pierre Leaud, saputo di avere pochi mesi da vivere, ingaggiava un killer per farsi uccidere. Qui il signor Badii offre dei soldi a chi semplicemente accetterà di buttare venti palate di terra sul suo cadavere se la mattina successiva si sarà suicidato. L'esile trama è ovviamente un pretesto che Kiarostami sceglie per discutere dei massimi sistemi: della libertà di rinunciare alla vita (non sull'opportunità, nel caso specifico, del suicidio: Badii ha già deciso e non accetta prediche sull'argomento) e della bellezza di essa. I rifiuti che riceve alla propria proposta, con motivazioni diverse, da parte di un giovane soldato e di uno studente del Corano, non fanno che aumentare in lui la voglia di mettere in atto il suicidio, mentre alla fine, quando ha trovato una persona che collaborerà al suo piano, allora apprezzerà anche le cose semplici che la vita offre: dei bambini che corrono in un campo sportivo, delle cornacchie che beccano in un campo, un aereo che lascia la scia in cielo, perfino il rumore della frenata di un'automobile.
Nella cinematografia di Kiarostami potrebbe sembrare un film minore, ma l'insieme di essa fa apprezzare anche quest'opera che con pochi mezzi dice molto e molto fa riflettere. Sono bravi gli interpreti di questa specie di kammerspiel tutto ambientato nell'abitacolo di una macchina che percorre la campagna: Ershadi (il protagonista), Moradi (il soldatino) e Bagheri, l'uomo di scienza che accetta il compito di por fine a una vita umana, per aiutare il proprio figlio malato a conservare la propria. (16 settembre 2004)
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