Regia di Elio Petri vedi scheda film
Elio Petri è stato uno dei registi italiani più indipendenti dal Mainstream, una figura autoriale che si è battuta per un cinema Politico di cui rimane il più importante esponente insieme a Francesco Rosi, con cui guarda caso si trovò a condividere il massimo premio a Cannes per questa "Classe operaia va in paradiso", che fin dal titolo esprime simpatia e partecipazione verso i poveri operai sfruttati dai malvagi padroni capitalisti con modalità che sono abbastanza memori di "Tempi moderni" di Charlie Chaplin. Petri non poteva non realizzare questo affresco, essendo un comunista convinto del ruolo del cinema di intervento sulle masse per cambiare l'assetto sociale e politico, e ci espone il calvario di tale Ludovico Massa, campione del cottimo stakanovista in una fabbrica meccanica del Nord, le cui certezze vengono dissolte dopo un grave incidente sul lavoro e la scoperta dell'indifferenza dei gretti ed egoisti padroni alle sue condizioni di salute e alla sua alienazione. L'intenzione è dunque ideologicamente inappuntabile, tale da conferire indubbio nerbo e vigore all'opera che resta un penetrante studio di carattere benissimo servita dal protagonista Volonte', ma forse si può discutere su certi particolari dell'esecuzione, soprattutto su una costante vis polemica che induce Petri a fare un ritratto a mio parere fin troppo sbilanciato in negativo dei rappresentanti sindacali e del movimento studentesco. Dunque Petri cercava l'empatia dello spettatore per il suo povero Lulu' facendo vedere che c'era del marcio a tutti i livelli del movimento operaio, e che Lulu' rimane una specie di Santo Laico che, dopo aver finalmente aperto gli occhi sulle magagne dei Compagni, si ritrova sostanzialmente isolato? A mio parere è un'intenzione ideologica che condiziona i risultati espressivi del film, imponendo innanzitutto delle scene spesso un po' troppo dilatate nella durata, fin troppo verbose nei dialoghi e comunque troppo urlate, dove la commistione fra elementi drammatici e da commedia ha spesso un buon risalto, ma non evita qualche sbandata nella scrittura. Insomma si tratta assolutamente di un film di buona scuola, serio e approfondito e dotato anche di numerosi luoghi di interesse figurativo, ma dove un'intenzione piuttosto dimostrativa del regista finisce per togliere un po' di forza ad alcune sequenze, soprattutto nella seconda parte. Magistrale l'interpretazione di Volonte' sia nel registro più grave che in quello più sopra le righe, tanto da fare del personaggio uno dei suoi cavalli di battaglia perenni, e molto buone almeno quelle di Mariangela Melato e Salvo Randone, per quanto l'ultimo abbia a disposizione solo due scene. A mio parere un gradino al di sotto del suo capolavoro "Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto", "La classe operaia" ha comunque molte frecce al suo arco e si raccomanda per il felice impasto di notazioni satirico-grottesche su una tematica comunque ancora di grande attualità, per quanto la spinta propulsiva del Cinema politico italiano si esaurirà nel giro di pochi anni. Ottima colonna sonora di Ennio Morricone, dalle sonorità insolite e stranianti.
Voto 8/10
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