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Grazie a Dio

Regia di François Ozon vedi scheda film

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La recensione su Grazie a Dio

di SamP21
8 stelle

Un film importante? Si può usare ancora questa frase, ha senso? Ritengo di sì! Grazie a Dio, è prima di tutto un ottimo film di finzione, un film di immagini forti, ma poi è il racconto rigoroso, mai sensazionalistico, mai morboso, di un fatto di cronaca di grande impatto.

 

La trama in breve

Alexandre vive a Lione con la sua famiglia. Un giorno viene a sapere che il prete che aveva abusato di lui quando faceva parte del gruppo degli scout continua a officiare, sempre a contatto con i bambini. Inizia allora la sua personale battaglia con l’aiuto di François ed Emmanuel, anch’essi vittime del sacerdote, per raccontare le responsabilità del prete. Col passare del tempo e con l’aumento del numero delle vittime del sacerdote, decidono di venire allo scoperto con un’associazione che decide di costituirsi in giudizio legale.

 

Tante volte il cinema ha affrontato il tema della pedofilia, perpetrata da un prete o da un laico poco importa. Ozon, da cattolico, riflette però sulla gravità dei gesti di questo prete. Per una comunità il sacerdote è un simbolo, è un uomo da seguire e ascoltare, è l’uomo che vigila sulla morale dei figli della comunità. Quando è un prete, e purtroppo la cronaca è piena di questi casi, a compiere tali gesti l’interrogativo diventa ancora più grande.

 

Ozon probabilmente si è immedesimato molto in Alexandre, che è un padre di famiglia, un uomo dedito al lavoro, di vedute aperte ma assolutamente praticante. Con questo personaggio inizia così una riflessione sul perdono cristiano, ma soprattutto inizia una battaglia di fede, che sfocia in un dibattito pubblico e poi nelle aule dei tribunali.

 

Ozon, come sappiamo, era indeciso sulla realizzazione di questo film, inizialmente voleva realizzare un documentario per dare spazio ai protagonisti di questa oscena vicenda; gli stessi, con le loro parole, gli hanno suggerito di realizzare un film di finzione, un film in stile Il Caso Spootlight e così il regista ha fatto.

 

Ma il film ha poco a che fare con il film Premio Oscar, la riflessione è diversa e soprattutto è diversa la scelta narrativa; Ozon sceglie la forma della staffetta: i tre protagonisti si passano il testimone nel corso del film e attraverso la loro dolorosa storia ci raccontano i fatti relativi alla loro infanzia e al “rapporto” con questo uomo-prete, affascinante, dolce e gentile, che ha terribilmente segnato la loro esistenza.

 

La sceneggiatura e la regia sono rigorose, il punto di vista è quello delle vittime e il regista, che ha incontrato decine di volte i protagonisti reali di questa storia, ha rispettato totalmente le loro sensibilità; come detto in apertura il film non è mai morboso, ci introduce in alcune scene nei momenti più scabrosi e se vogliamo fastidiosi, ma non si sofferma mai, non sceglie quel lato della narrazione.

 

La sceneggiatura del film intreccia bene le tre storie, che ci conducono al quadro complessivo fino al finale del film, i tre personaggi sono diversissimi tra loro, per contesto sociale, per attitudini, per come si è sviluppata la loro vita e Ozon ci racconta come questo agglomerato di persone, socialmente e culturalmente molto lontane tra loro ma con una stessa battaglia in condivisione, si sia unito in nome di una volontà precisa, voler fare luce su un caso, che all’interno della Chiesa tutti conoscevano e su cui molto hanno taciuto, in tal senso è interessante anche il rapporto tra le vittime e gli stessi familiari, che spesso non hanno voluto agire.

 

I tre personaggi principali sono molto diversi tra loro: il primo è un uomo forte, che ha superato il trauma, che crede in Dio e soprattutto è osservante, insegna ai suoi figli i valori del cattolicesimo, per lui è, inizialmente, una battaglia per sanare la Chiesa, non contro di essa, in un secondo momento lascerà uscire la “rabbia”, la frustrazione, la voglia di vendetta verso quest’uomo che ha confessato più volte la sua malattia.  François invece è agnostico, è un uomo forte che, scoprendo l’avvenuta denuncia di Alexandre, diventa il motore e dà la spinta principale a questa battaglia, forte anche di una voglia di rivalsa nei confronti del prete e della Chiesa tutta, anche lui ha una famiglia; per entrambi è insopportabile il pensiero che una cosa simile possa accadere ai propri figli.

 

Emmanuel, che è l’ultimo testimone della storia, è diverso dai primi due, non ha una famiglia ed è quello che ha reagito in modo peggiore agli abusi, anche per il divorzio dei genitori, ha sviluppato una forma di epilessia, ed ha avuto poi una vita fatta di molti alti e bassi, è lui probabilmente quello che ha sofferto di più; Ozon sceglie di mostrarci il suo confronto con il prete in commissariato ed è una scena che fa letteralmente rabbrividire.

 

Accanto ai protagonisti, nella realtà come nella finzione, ci sono le donne: madri, moglie e compagne. Le figure femminili di questo film sono importanti, sono tutte donne forti, consapevoli, capaci di aiutare in modo significativo la ricerca di questi uomini; l’apporto per esempio della moglie di Alexandre è fondamentale, dà forza al marito negli anni iniziali, in cui è l’unico a scontrarsi contro la negligenza della Chiesa. Ozon è uno specialista di ritratti femminili e riesce ancora una volta a raccontare delle donne forti, belle, capaci di sostenere e se vogliamo indirizzare la ricerca di questi uomini alle prese con il loro più grande trauma.

 

Al suo diciottesimo film il regista parigino continua a stupire, il suo stile poliedrico, che lo porta da una storia all’altra, gli ha permesso di girare praticamente un film all’anno, mescolando autorialità e logiche di mercato. Questo Grazie a Dio, si segnala come uno dei suoi migliori film, un film forte che ci mostra la grandezza e l’importanza del Cinema. Ozon ci porta dentro una storia tremenda e lo fa con garbo, con tatto ma anche con il rigore dovuto alle vittime di questa storia; seppur con una durata eccessiva, il film è compatto e vive di grandi momenti drammatici e di una regia lucida, che segna le immagini senza mai prendere il sopravvento sulla storia, una regia attenta al suo racconto.

 

Alcune scene rimangono impresse, come rimangono impresse le interpretazioni di un cast eccellente, su tutte quella dolorosa di Swann Arlaud che interpreta Emmanuel. Sono vari gli esempi di grande cinema rispetto al tema della pedofilia, tra gli altri cito Il Dubbio di John Patrick Shanlel, Il Sospetto di  Thomas Vinterberg e Ozon con questo terribile, potente, eppure aggraziato film si inserisce nella lista dei registi che hanno saputo trattare il tema nel modo forse più giusto, mai pruriginoso.

 

In un periodo storico così complesso, in cui la Chiesa è al centro di uno scisma di portata epocale, questo film diventa ed è importante, perché parla ai cattolici ma anche agli agnostici, perché parla di una storia di grande impatto e lo fa attraverso il cinema con la C maiuscola, il cinema che ama le storie che racconta, insomma un film da vedere e su cui riflettere a lungo!

 

8-

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