Regia di Robert Bresson vedi scheda film
Due articoli di giornale introducono un flashback sugli ultimi sei mesi di vita di un giovane che pratica un pacato nichilismo e tende all’autodistruzione. Bresson non è certo un regista che mi appassiona, anche se lo guardo con rispetto: difficile mandare giù personaggi che si muovono come zombi, senza mai sorridere o almeno cambiare espressione. Se non fosse per ciò che dice di sé durante il colloquio con lo psichiatra, il protagonista non avrebbe nessuno spessore umano; ed è francamente eccessiva l’attenzione per le sue trascurabili avventure sessuali (non dico sentimentali, data la sua incapacità di provare sentimenti). A parte questo, la critica alla società dei consumi e l’angoscia per il futuro del pianeta (materiale esposto didascalicamente nei filmati di un’associazione ecologica) sono cose che avevano un certo impatto sull’immaginario degli anni ’70 ma alle quali si è ormai fatta l’abitudine. Meno male che la totale assenza di speranze porta a un finale secco, senza fronzoli, senza nemmeno il mito della bella morte. Il titolo richiama la conversazione fra i passeggeri di un autobus: “Chi è che si diverte a farsi beffe dell’umanità?” “Già, chi ci manovra?” “Il diavolo, probabilmente”.
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