Regia di Robert Bresson vedi scheda film
Il diavolo probabilmente ruota attorno a un assunto fra i principali dell'etica bressoniana: il Male si è impossessato dell'animo umano e la vita terrena è per forza di cose costretta a conoscere il peccato, la colpa, la sofferenza. E persino la noia, qui: l'accidia nichilista che tormenta il giovane protagonista di questo film, penultimo lavoro del regista (e sceneggiatore) francese, è una caratteristica intrinseca dell'essere umano, fisiologica, inevitabile, al massimo accantonabile momentaneamente. Mentre si dibatte sulla salvezza del pianeta, su un mo(n)do migliore in cui vivere, sulla necessità di annullare il pericolo della morte nucleare, mentre si lotta per una sopravvivenza, insomma, che non ha alcuno scopo concreto se non la sua stessa fine. Charles (Antoine Monnier, esordiente e un po' traballante: la sua carriera nel cinema - quantomeno di serie A - si apre e si chiude qui) è l'emblema della disillusione: e nonostante il clima sociale contemporaneo al film, ormai archiviata la stagione del '68 e attraversata gran parte degli infuocati anni '70, questa disillusione è totalmente condivisa dall'uomo di ogni epoca e luogo, è una tara, un limite insormontabile con cui tutti dobbiamo smettere di combattere e che, piuttosto, dovremmo imparare ad accettare. L'accettazione di Charles è fin troppo drastica e mostra una disperazione (perdita di ogni speranza) che da Bresson ci si potrebbe anche attendere, dopo decenni di opere sempre più buie e desolanti; ma non è detto che sia solo una provocazione, un gesto volutamente esagerato per esasperare l'atrocità insostenibile della condizione umana. Pare che di film in film il regista abbandoni sempre più la morale strettamente cattolica che lo accompagna fin dagli esordi, aprendo - per assurdo? - a soluzioni estreme come quella che apre e, attraverso un lungo flashback, conclude questo Il diavolo probabilmente. Finalmente, dopo un paio di opere meno riuscite (Quattro notti di un sognatore e Lancillotto e Ginevra), un altro grande finale 'alla Bresson'. Confermato Pasqualino De Santis alla fotografia, così come Philippe Sarde per le musiche e Germaine Lamy al montaggio. 6,5/10.
6,5.
Un inquieto giovane parigino non si ritrova nei valori della società odierna: politica, famiglia, religione, sesso, nulla ha particolare ascendente su di lui. Ma non ha il coraggio per farla finita. Uno psicanalista gli suggerisce che nell'antichità i romani facevano compiere materialmente il gesto del proprio suicidio ad un amico: così farà anche lui.
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