Regia di Robert Bresson vedi scheda film
Da alcuni ritenuto un film un pò minore rispetto ai capolavori precedenti del regista, forse troppo estremo nell'assunto della regia che radicalizza le sue scelte antispettacolari, ma comunque opera degna di essere vista e discussa, anche da chi non condividesse le idee di Bresson. Pessimismo sempre più accentuato e visione dolorosa, a suo modo poetica dell'esistenza. I "modelli" del regista assolvono perfettamente il loro compito, e spesso sono ripresi mostrando soltanto frammenti del loro corpo. Il finale nel cimitero in cui il protagonista Charles paga un drogato per farsi sparare è agghiacciante nella sua disperazione, ma assume ugualmente un valore catartico. Importante il messaggio ecologico, a riprova del fatto che Bresson, nonostante una certa astrazione dello stile, era un regista con i piedi ben piantati per terra, dunque sensibile alle problematiche della società in cui viveva. Non raggiunge la compiutezza del successivo "L'argent", ma è ugualmente un grido di protesta dal valore profetico e anticipatore. Lo stile è quantomai ellittico, spezzato, dissonante, certamente non accomodante verso il pubblico e anche verso la critica che ebbe maggiori difficoltà di lettura dell'opera e conseguentemente la valutò senza un particolare entusiasmo. Vincitore di un Orso d'argento a Berlino, il film risulta oggi piuttosto dimenticato, ma merita di essere ripreso in considerazione almeno dagli appassionati del regista, fra cui mi pongo volentieri, come testimonianza di un talento sempre vivo anche nella fase conclusiva della sua parabola artistica, che non aveva paura di realizzare un'opera disturbante come questa purché fosse coerente con la propria singolare visione del mondo.
voto 8/10
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