Regia di Robert Bresson vedi scheda film
"-Ma non ci sono dei limiti al non fare niente?
-Si, ma una volta che li superi, provi una voluttà straordinaria, inaudita."
Due studenti ventenni, Charles e Michel, fondano a fine anni '70 a Parigi, un movimento ambientalista, incentrato a sollevare la problematica volta alla salvaguardia di un pianeta devastato da un inquinamento dilagante, tutto a carico di una umanità incurante della problematica, ma anzi protesa ad impegnarsi solo verso attività giustificate da pure motivazioni economiche e senza curarsi del problema etico e di preservazione dell'ambiente che la ospita.
Ma mentre Michel cerca, per quanto può, di intervenire a difesa dell'impegno che lo anima, Charles al contrario tramuta il proprio disgusto verso questo triviale malcostume moderno, in una ignavia che lo pone come su un piedistallo ove poter estraniarsi da tutto e da tutti, fino a maturare la consapevolezza che il destino dell'essere umano, e del globo che lo ospita senza ricevere il meritato rispetto, è destinato ad una inesorabile fine, del tutto meritata.
"-Sai come finiscono le civiltà?
-Quando l'idiozia dilaga con moto naturalmente accelerato."
Demotivato da ogni genere di attività od interesse, anche a livello sessuale, ecco che Charles medita con lucida ed implacabile freddezza di farla finita, e trova in un amico schiavo della dipendenza da droghe, l'alleato che gli serve per farla finita in un luogo simbolo di ineluttabilità anche da parte di personalità famose: il cimitero parigino di Père Lachaise.
La morte, inesorabile anche se prescelta con lucidità, sopraggiungerà comunque un attimo prima che lo stesso possa esprimersi riguardo ad una ipotetica soluzione di un dubbio esistenziale che lo dilania ed incupisce.
Il minimalismo bressoniano, limpido e raggelante, raggiunge con questo film spietato il suo apice, il fulcro di uno sconforto che conduce il suo apatico protagonista dinanzi ad un percorso di passione laica il cui apice è la fine più inesorabile, spietata, e alla fine pure male interpretata dalle autorità e dalla stampa, superficiali ed inette come troppo stesso si confermano.
Ancora una volta l'antitesi tra santità laica e dannazione eterna diventa il tema trascinante che nasce da un malessere e da una denuncia che rimangono inascoltati, generando un'angoscia che diviene il presupposto per immolarsi inutilmente, interrompendo prima del tempo un percorso di vita ritenuto sprecato o senza senso.
Presentato con un certo scalpore alla Quinzaine des Réalisateurs del 30° Festival di Cannes, e poi al Festival di Berlino ove si aggiudicò l'Orso d'Argento, Il diavolo probabilmente di Robert Bresson trae il suo titolo da una citazione di un dialogo de I fratelli Karamazov di Dostoevskij, riadattata poi nel celebre dialogo che nel film vede coinvolti i passeggeri di un autobus di linea, che riflettono filosoficamente sulla presenza del diavolo nelle scelte cruciali che affronta il genere umano.
"-La verità è che qualcosa ci spinge contro quello che siamo.
-Bisogna starci, starci sempre… sennò passi per quello che protesta sempre.
-Ma chi è allora che si diverte a farsi beffe dell'umanità?
-Già, chi ci manovra sotto?
-Il diavolo, probabilmente…".
E questo dialogo bizzarro e sopra le righe, onirico quanto fatalista, si adatta assai tristemente e cupamente al nostro presente incerto ed in bilico più che mai, ove pochi potenti si prendono letteralmente beffe di una umanità mai così impotente e succube.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta