Regia di Antonio Pietrangeli vedi scheda film
Un film fresco e delicato come la protagonista, una giovane donna emancipata ma popolana, campagnola ma non del tutto ingenua. La sua non è tanto credulità, quanto una sorta di cieco ottimismo riposto nell’amore, anche solo fisico, unito ad una incrollabile fiducia nella sincerità degli uomini e della loro volontà di apprezzarla per quello che lei sente di essere: una ragazza semplice e docile. Invece, nella grande città, si ritrova circondata dalla falsità e dalla millanteria del basso ambiente dello spettacolo, in cui la finzione non è nemmeno una scelta strumentale, finalizzata al riconoscimento o al successo personale, ma, più banalmente, un atteggiamento acquisito che fa parte del gioco. Ad uccidere Adriana non è la disperazione dovuta alla mancanza di prospettive, bensì la scoperta di essere immersa in un mondo senz’anima, che le può offrire solo denaro in cambio di prestazioni.
Ampio spazio è dedicato alla musica leggera dell’epoca, in particolare ai brani “Mani bucate” di Sergio Endrigo, “Roberta” di Peppino di Capri” ed “E se domani” di Mina.
Un grande attore sprecato in un ruolo rigido e un po' mortificante.
Nella scena della danza sul tavolo si esibisce in un memorabile virtuosismo artistico a tutto campo.
Una parte piccola, ma varia e dinamica, che la sua bravura sa valorizzare.
Un’interpretazione dalla tenuta stagna, che non lascia sfuggire alcuna sbavatura, ed è, dall’inizio alla fine, precisa ed incisiva come se fosse scolpita nel marmo.
Dirige un film in cui gli eventi e i personaggi non sono elementi di una storia che accade, bensì gli aspetti di un universo interiore che si sviluppa: Pietrangeli riesce a cogliere, in ogni situazione, più che il fatto in sé, il modo in cui questo è vissuto dalla protagonista.
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