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Io la conoscevo bene

Regia di Antonio Pietrangeli vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Io la conoscevo bene

di hallorann
10 stelle

Commedia all’italiana e musica leggera, un connubio felice inaugurato da Dino Risi in “Una vita difficile” con Rodolfo Sonego e confermato dagli sceneggiatori Maccari e Scola ne “Il sorpasso”. L’uso diegetico delle canzonette per sottolineare stati d’animo, situazioni, sensazioni ed emozioni. In “Io la conoscevo bene” di quel genio di Antonio Pietrangeli si raggiungono vette sublimi. Fin dalla eccellente soundtrack composta da Piero Piccioni, il regista e coautore - con i fedeli Maccari e Scola per l’appunto - trascrive la storia tragica di Adriana anche attraverso la partitura musicale. I titoli di testa sulle note rutilanti e già nostalgiche di chi l’ha conosciuta bene, una carrellata accarezza sulla spiaggia il corpo della protagonista, mentre tutti intorno sono rifiuti (metafora degli uomini che incontrerà). La svagatezza, la spensieratezza della gioventù vanno di pari passo nel raccontare un decennio, i sessanta, mitico, mitici. Adriana è una ragazza molto distratta, mentre fa il colore ad una cliente rompe una bottiglietta. Flashback su una bottiglia di vino rotta sulle scale per colpa di uomini sempre infoiati, come l’attempato padrone del negozio di parrucchiera. La musica di Piccioni rimarca il ricordo. Adriana fa la maschera in un cinema, esce con il fidanzato (Claudio Camaso Volontè) e un’altra coppia su una macchina aziendale di poltrone. Adriana seduta sopra è sogno o realtà? Il Boom economico e consumistico si materializza fino ad un incidente quasi in diretta. Un segno premonitore di eventi tragici ed una cronaca dei tantissimi incidenti, spesso mortali, che colpivano l’Italia del boom automobilistico. Va da un press-agent di mezza tacca (Nino Manfredi understatement) per farsi lanciare come stellina Adry Astin nella stanza/redazione della rivista Week-end, “diretta” da un direttore in bolletta. La prossima sbandata è per Dario, un cialtrone che le lascia un conto da pagare durante una vacanza in albergo. Cambio di scena e cambio di acconciatura per Adriana, vezzo caratteriale e descrittivo dell’epoca. Per un Carosello di un calzaturificio inquadreranno solo le scarpe ma lei preferisce presentarsi bene. Sergio Endrigo canta la diegetica “Mani bucate”. Sguardi dalla terrazza di casa verso zona Gazometro di Roma, riflessi e silenzi di attesa per la protagonista, mentre i versi della canzone descrivono il suo stato attuale. Qui Pietrangeli regista filma la protagonista Stefania Sandrelli meglio di un qualsiasi Antonioni dell’epoca. Flashback ricordo sulle note di Piccioni. Adriana non è solo determinata e ingenua, è anche generosa con i vicini di casa. Fa una sfilata di moda ad un incontro di boxe in cui conosce “Bietolone” interpretato da Mario Adorf (recita con la sua vera voce). Un breve incontro fugace e buffo che non interessa Adriana, poiché lanciata in altri ambienti. Poco prima aveva rifiutato un appuntamento programmato dal press-agent con un commendatore. Ha comunque una sua dignità la nostra protagonista. Torna nella natia provincia di Pistoia per rivedere i genitori: persone modeste appartenenti al mondo contadino. Il commento musicale di Piccioni è tenue e delicato, ma ben sottolinea l’amarezza e il dolore, soprattutto il ricordo nostalgico della sorella più piccola prematuramente scomparsa. Ricordo che tornerà più avanti in maniera struggente. Adriana segue lezioni di dizione (la maestra è doppiata da Elio Pandolfi). Al termine crolla perché incinta. Qui appare una figura marginale del mondo dello spettacolo che la protagonista comincia a bazzicare e che la pellicola dissacra in modo impietoso. Convocata in commissariato per quel Dario che la lasciò all’improvviso, Adriana non prova rancore né risentimento e denota tutta la sua ingenua genuinità. Cambio di scena e nuovo partner: uno scrittore da premio Strega che la descrive in questo modo: "Le va tutto bene, non desidera mai niente, non invidia nessuno, è senza curiosità. Non si sorprende mai. Le umiliazioni non le sente… Ambizioni zero. Morale nessuna. Nemmeno quella dei soldi, perché non è nemmeno una puttana. Per lei ieri e domani non esistono". Altri incontri effimeri seguiranno come la satira del premio all’attore famoso interpretato da Enrico Maria Salerno e rafforzato dalla performance dell’attore in disgrazia e in cerca di scritture Biagini (l’ottimo Tognazzi). Anche stavolta Adriana viene sfruttata semplicemente perché vicina di festa del Biagini. Qui l’obiettivo al vetriolo è altro (la divetta della serata è di Trasaghis, Scola docet), ma la protagonista è l’emblema di un mondo in cui è del tutto normale sfruttare e schiavizzare la donna. Ed in particolare Adriana rilascia una intervista che sembrerebbe lanciarla (ancora una volta) nel firmamento. In verità la illude e la sbeffeggia. Pietrangeli e company satireggiano i cinegiornali del tempo, i quali dietro un umorismo stupido e qualunquista nascondevano moralismo e concetti reazionari del costume italiano. Adriana a casa piange e ricorda la sorellina. Il regista filma la solitudine che culmina con la canzonetta “Abbracciami” che urla la sua condizione e un ballo quasi equivoco con un minorenne. L’ultimo incontro è senza parole e solo musicato allegramente, tranne il ritorno a casa con l’utilitaria e la voce e le parole potenti ed evocative di Gilbert BecaudTua”. Non vede nemmeno il meccanico Italo perché la decisone è presa, eppure proprio lui semplice e timido avrebbe potuto essere l’uomo giusto per la semplice Adriana, offuscata dall’ambizione e dall’effimero divertirsi di quegli anni così impietosamente colti nel pieno da Pietrangeli. Una inquadratura dall’alto del cortile del complesso condominiale prefigura il teatro del crollo verticale ed esistenziale di Adriana. Nessuno la conosceva così bene.

 

locandina

Io la conoscevo bene (1965): locandina

 

Capolavoro che va oltre la commedia italiana, si incunea nel genere drammatico, sociologico e politico raccontando del nostro Paese attraverso la figura di una ragazza che voleva realizzare i suoi sogni. Ritratto degli uomini e del maschilismo spietato. Un personaggio indimenticabile quello di Adriana, reso ancora più tale da una straordinaria Stefania Sandrelli, che fa il paio per assonanza con il “Bellissima” di Visconti con la Magnani e la piccola Tina Apicella e con un’altra creatura di Ettore Scola regista, la Luciana di “C’eravamo tanto amati”.

 

Stefania Sandrelli

Io la conoscevo bene (1965): Stefania Sandrelli

 

Stefania Sandrelli

Io la conoscevo bene (1965): Stefania Sandrelli

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