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Koko-di Koko-da

Regia di Johannes Nyholm vedi scheda film

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La recensione su Koko-di Koko-da

di Cocchan
5 stelle

Groundhog day meets Fanny Games.

Film svedese di un regista che non conosco (ho controllato, e pare abbia girato precedentemente altri film altrettanto allucinati e allucinanti), ammetto di essermi approcciata unicamente per la locandina: un bel gattone bianco dallo sguardo malefico (classico dei felini) e un buffo papillon nero. Lo stesso giorno avevo guardato Hausu (film giapponese del 1977, una specie di horror psichedelico dove un altro bel gattone bianco aveva una parte bella corposa, tanto da divenire, anche in quel caso protagonista del poster).

 

locandina

Koko-di Koko-da (2019): locandina

 

Nella mia mente hanno iniziato a susseguirsi immagini di gatti demoniaci, degni degli horror anni 70 alla Fulci (Black Cat, Un gatto nel cervello) o dei libri di Stephen King (Pet Sematary), ma in entrambi i film mi sono trovata davanti due risultati diversi: in quello giapponese, un gatto certamente posseduto, ma cartoonesco, quasi divertente anche nei momenti maggiormente orrorifici; mentre nel film svedese, giusto una comparsa ben poco chiara per quanto riguarda i risvolti della trama.

 

locandina

House (1977): locandina

 

Cosa serve tutto questo? Assolutamente a niente, volevo solo parlare di come tante volte finisca a guardare dei film per nulla correlati, semplicemente per un dettaglio insignificante.

 

Ma torniamo a Koko-di Koko-da. Una famiglia si ritrova in viaggio per festeggiare l’imminente compleanno della figlioletta. Seduti a un tavolo e truccati da conigli, la madre ordina una pizza ai frutti di mare che condivide con la bimba. Nel giro di poco, la mamma si sente male e si ritrova costretta in ospedale. Il giorno successivo, senza apparente motivo, la bambina muore.

Tre anni dopo, la coppia (ancora insieme ma in evidente crisi) si reca in campeggio. E qui inizia la parte assurda del film: la mattina dopo, la coppia viene aggredita da tre individui alquanto improbabili, clowneschi, che finiscono con l’ammazzare prima lei e poi lui.
Al raggiungimento del culmine (il momento dell'uccisione dell’uomo), la scena si blocca, la camera si allontana e si alza. E il film si avviluppa e ritorna al punto iniziale, del risveglio al campeggio, ma questa volta l’uomo si ricorda degli accadimenti del giorno prima.

 

Groundhog day meets Fanny Games.

 

Immagino che l'intero film sia la metafora di uno dei dolori più atroci che dei genitori possano provare, la perdita di un figlio. Tema indubbiamente ostico, in questo film spesso viene a mancare in potenza narrativa, intricandosi in loop contorti che poco spiegano o trasmettono. Meglio riuscite, per suscitare il sentimento di perdita, sono le parti animate: la famiglia di conigli, il gallo colorato, la canzone bambinesca (Koko-di Koko-da, per l’appunto), il carillon.

 

Gli animali inoltre paiono avere un significato simbolico: i conigli come paradigma della famiglia normale, il gallo come spirito libero e fanciullesco, o addirittura memoria indelebile di un ricordo gioioso (seppur perduto per sempre), il cane morto come punto di svolta, l’evento traumatico, il cane vivo come il problema da risolvere, la relazione di coppia incrinata dopo un evento tragico. E il gatto? Forse un una specie di guida, o di segnale, o di indicatore prima del pericolo, e poi della soluzione.

 

Insomma un film allegorico che vuole riflettere su un tema delicato e difficile, ma che spesso deraglia in allucinazioni troppo metaforiche e in scelte narrative alquanto discutibili, sebbene la componente stilistica sia altamente curata e piacevole (colonna sonora, fotografia, riprese aeree, parti animate).

 

In conclusione, andate piuttosto a vedervi Hausu, che fa tanto ridere ed è un’esperienza di cinema grottesca e divertente, con una punta di horror. Una specie di Mago di Oz sotto acidi e con sprazzi splatter.

E lasciate stare Koko-di Koko-da: alcune trovate vincenti dal punto di vista tecnico, non sono sufficienti alla riuscita finale di un film.


scena

Koko-di Koko-da (2019): scena

 

Spazio curiosità: come sono finita a guardare Hausu? Il film precedente visto, era stato Audition (magnifico film di Takashi Miike) dove un piccolo dettaglio di trama comporta, in entrambi i film, lo sviluppo narrativo successivo: la scomparsa della madre e l’arrivo di una nuova donna, in Hausu porta la protagonista a voler cambiare piani per le proprie vacanze estive (invece che col padre e la nuova compagna, dalla zia nella sua casa posseduta); in Audition, la decisione dell’uomo di trovare una nuova donna nella propria vita per sé e per il figlio, dopo sette anni dalla scomparsa dell’amata moglie, sfocia nell’incontro con uno dei villain più sadici e malati della storia del cinema.

Cosa ci insegna tutto questo? Uomini, non vi risposate!

 

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